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lunedì 30 maggio 2011

dal libro biblico dei Salmi

È bello celebrare il Signore e cantare le tue lodi, 
o Altissimo;
proclamare al mattino la tua bontà, 
e la tua fedeltà ogni notte
(Salmo 92,1-2)

domenica 29 maggio 2011

Culto Evangelico ad Aosta Valdese Domenica 29 maggio 2011




CHIESA EVANGELICA VALDESE
AOSTA

Via Croix de Ville, 11 
AOSTA

DOMENICA 29 MAGGIO 2011 
- 6a DI PASQUA - ROGATE! (Pregate!)

Culto Evangelico di Adorazione e Lode
ore 10.30
predicazione a cura del pastore Maurizio ABBA'
 
a seguire Assemblea di Chiesa






LA VERA GRANDEZZA


Gesù dice: «Voi sapete che i prìncipi delle nazioni le signoreggiano e che i grandi le sottomettono al loro dominio. Ma non è così tra di voi: anzi, chiunque vorrà essere grande tra di voi, sarà vostro servitore»
(Evangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 20,25-26)

sabato 28 maggio 2011

Culto Evangelico ad Aosta Valdese venerdì 8 giugno ore 18.00




Parola e musica
Culto evangelico 
in preparazione alla Pentecoste
con voce della comunità e strumenti concertanti



Organo :     Flavio Desandré - Livio Ferretti
Viola :        Claudia Desandré
Violoncelli : Daniel Curtaz  - Giovanni Gianotti

Musiche di
Vivaldi, Pachelbel , Marcello, J.-S. Bach, F.A. Kummer



Tempio Valdese Via Croce di Città, 11 - Aosta
mercoledì 8 giugno 2011 - ore 18.00 

venerdì 27 maggio 2011

PER UNA PRIMAVERA DELLA TEOLOGIA - INIZIATIVA EDITORIALE FAZI EDITORE



Linee programmatiche della collana “Campo dei Fiori” 

Una piazza di Roma 
❀ Campo de’ Fiori è l’unica piazza di Roma a non avere una chiesa. 
❀ Campo de’ Fiori è il luogo più famoso della Roma pontificia dove venivano allestiti i roghi. 
❀ Campo de’ Fiori richiama col suo nome suggestivo la bellezza della natura. 

Il nome di una collana 
❀ Campo dei Fiori è la prima collana laica di spiritualità e di libera ricerca teologica. 
❀ Campo dei Fiori promuove le opere di tutte le vittime della libera ricerca spirituale. 
❀ Campo dei Fiori guarda alla natura e alla materia come al luogo di nascita dello spirito. 

I capisaldi del programma editoriale 
❀ La libertà della ricerca 
Ha scritto la filosofa e mistica Simone Weil: “Io non riconosco alla Chiesa il potere di limitare le operazioni dell’intelligenza e le illuminazioni dell’amore nell’ambito del pensiero”. Campo dei Fiori intende promuovere (finalmente anche in Italia) una teologia libera, coraggiosa, onesta, attenta anzitutto alla verità intrinseca delle affermazioni e al bene del mondo, e disposta per questo a mettere in secondo piano i vincoli di autorità. 
Autori: Hans Küng, Roger Haight, Leonardo Boff, Carlo Molari… 

❀ La natura 
Ha scritto lo scienziato e teologo gesuita Pierre Teilhard de Chardin: “Materia, Vita ed Energia: le tre colonne della mia visione e della mia beatitudine intima”. Campo dei Fiori intende promuovere una spiritualità non più contrapposta alla naturalità, non più distaccata dal mondo e concepita come sovrannatura che sta in alto rispetto a una natura che sta in basso. Il cosmo naturale diviene al contrario il luogo concreto dove ritrovare lo spirito. 
Autori: Matthew Fox 

❀ Le religioni 
Ha scritto il teologo e filosofo Raimon Panikkar: “Chi conosce soltanto la propria religione non la conosce veramente”. Campo dei Fiori non è alla ricerca di nessun sincretismo e non sogna una nuova super-religione tipo new-age. Sa però che ogni religione rimanendo se stessa non può più sfuggire al dialogo teologico, spirituale e culturale con le altre religioni. Oggi nessuna religione può resistere da sola di fronte al nichilismo che minaccia la coscienza. 
Autori: Huston Smith, Paul Knitter, Yves Raguin 

❀ La capacità della denuncia profetica 
Ha scritto il teologo martire antinazista Dietrich Bonhoeffer: “La Chiesa deve uscire dalla stagnazione, dobbiamo rischiare di dire anche cose contestabili, se ciò permette di sollevare questioni di importanza vitale”. Campo dei Fiori, senza essere in alcun modo una collana contro la Chiesa istituzionale, non esita tuttavia a dare voce alle analisi critiche dei credenti. 
Autori: Ferruccio Parazzoli, Alberto Maggi 

❀ Il primato della spiritualità, compresa la spiritualità laica 
Ha scritto Montaigne: “Ogni altra scienza è dannosa a colui che non ha la scienza della bontà”. Campo dei Fiori intende promuovere una visione dell’uomo che pone al vertice non il sapere, né il fare, ma l’essere: essere uomini forti che coltivano la saggezza del bene e della giustizia anzitutto a livello interiore. Il che vale sia per credenti sia per non-credenti. 
Autori: Michel de Montaigne, Albert Schweitzer, Karl Jaspers, Pavel Florenskij. 

❀ Il senso della tradizione 
Ha scritto papa Giovanni XXIII: “Cos'è la tradizione? È il progresso che è stato fatto ieri, come il progresso che noi dobbiamo fare oggi costituirà la tradizione di domani.” Campo dei Fiori intende coltivare con attenzione e passione il senso della memoria storica. 
Autori: John O’Malley (gesuita), Storia dei papi; Pico della Mirandola, Marco Aurelio. 

❀ La testimonianza personale quale decisivo banco di prova 
Ha detto Gesù di Nazaret: “Dal frutto si conosce l’albero”. Campo dei Fiori intende riprendere con forza il genere classico delle vite esemplari e per questo presenta moderne biografie. 
Personaggi: Dietrich Bonhoeffer, Michele Serveto, Giordano Bruno, Albert Schweitzer, Gandhi.


la scheda del libro:
In principio era la gioia

tratto da:  WWW.FAZIEDITORE.IT


giovedì 26 maggio 2011

PREGARE PERCHE'? ECCO UNA RISPOSTA

Giacomo Poretti 
(del trio artistico: Aldo Giovanni e Giacomo)
porge questa riflessione sulla Preghiera:


PERCHÉ PREGO


Tra poco dovrò leggere alcune tra le preghiere più strazianti, tenere e strabocchevoli di desiderio che l’umanità abbia mai composto. Ma prima volevo dire qualche cosa anch’io sulla preghiera, in particolare cosa è, per me, la preghiera.
Devo premettere che il Signore, per me, era una specie di mamma, papà e maresciallo dei carabinieri messi assieme, a cui ti rivolgevi per farti esaudire richieste che non erano di competenza dei genitori: quando il nonno o le zie stavano poco bene si pregava quel Signore di farli guarire o quando il nostro vicino di casa, il sig. Mario, ha perso il lavoro si è pregato sempre quel Signore. Una volta il babbo mi disse di pregare per la nostra squadra che doveva giocare una partita importante, ma mi disse anche di non dirlo alla mamma. Forse è per quello che la nostra squadra ha perso: perché la mamma, non sapendolo, non si è unita alle nostre preghiere. Si, perché avevo maturato una specie di statistica nella quale emergeva confusamente un dato: e cioè, che le preghiere rivolte a quel Signore là in alto venivano tanto più esaudite quanto più erano collettive.
Io credo di avere iniziato a pregare da solo verso i cinque anni, sarebbe meglio dire ad esigere qualche cosa da quel Signore potentissimo che se ne stava in alto da qualche parte: lo pregavo di farmi tornare presto dalla colonia estiva dove i miei genitori mi mandavano tutti i mesi d'agosto. La permanenza nella colonia era di un mese e io iniziavo a pregare di farmi tornare a casa appena il treno si staccava dai binari di Milano per andare in direzione della Liguria. Forse il Signore non aveva tempo per un bimbo di sette anni che se ne stava un mese senza vedere i suoi genitori. Per sei lunghe estati ho pregato in maniera estenuante, senza che il Signore mi ascoltasse. Apparentemente.
Poi, verso gli anni delle medie, a undici-dodici anni, ho cambiato preghiera, anzi, richiesta: gli chiedevo di farmi diventare alto, glielo chiedevo con tutto il cuore o, forse, con tutta la rabbia che avevo nel cuore: «Fammi diventare alto! Fammi diventare alto!». Era insopportabile una vita sotto il metro e cinquanta: i compagni mi deridevano, le compagne mi ignoravano! «Fammi diventare alto, ti prego!!!». Non mi ha ascoltato. Apparentemente. In quegli anni non avevo un' ottima opinione di Lui: non mi ascoltava mai... e la lista delle richieste inesaudite era diventata lunghissima.
Poi ci sono stati anni in cui ho smesso di pregarlo; ero convinto di poter fare a meno di Lui. Apparentemente.
Qualche tempo fa una mia cara amica, mia e di mia moglie, si è ammalata gravemente e nel volgere di qualche mese le sue condizioni erano tali che da lì a poco avrebbe lasciato noi e la sua famiglia. Mi sono ricordato delle zie e del nonno e mi sono messo a pregare; dopo poco ho inteso che sarebbe stato inutile pregarlo di restituirle la vita e allora ho espresso una preghiera strana, forse nemmeno così impegnativa per Lui: lo pregai di togliere la paura a quella nostra amica, di toglierle l’angoscia di sentirsi sola e abbandonata in quel momento terribile: «Signore, ti prego, toglile la paura; donale, se possibile, serenità, ti prego… ». E forse ho compreso. Ho compreso che quel miracolo che chiedevo a Lui non solo era possibile, ma era già realizzato: Il Signore guardava noi amici, il marito, i figli, guardava me e diceva: «Solo se non scapperete lei non avrà paura, solo se rimarrete lì lei non si sentirà sola ...».
Lui ci indica il modo, ma gli artefici del miracolo siamo noi. Noi con Lui. I miracoli bisogna desiderarli, ma soprattutto dobbiamo avere voglia di realizzarli: noi con Lui, o meglio, Tu con noi. Noi preghiamo, ma forse ancora di più Lui prega: e forse prega così: «Speriamo che smettano di delegarmi, speriamo che capiscano che sono un loro alleato... Ah quanto vorrei fare delle cose belle con loro.... 
A proposito Giacomo, cosa hai chiesto? Alto o grande?».

Il Signore ci ascolta sempre,
bisogna stare attenti a cosa gli si chiede!


Giacomo Poretti



Tratto da: www.youtube.com/watch?v=IhAt3dFgEKY
e dal sito: www.biblia.org

lunedì 23 maggio 2011

COME SI PUO' SPIEGARE L'ORIGINE DEL MALE?

DIALOGHI CON PAOLO RICCA
Come si può spiegare l’origine del male?
...molto del male presente nel mondo è causato dall’uomo, e non ha alcun senso (è solo un comodo alibi) addebitarlo a Dio. Auschwitz non l’ha creato né comandato Dio, l’ha deciso e realizzato l’uomo.

Come si può spiegare l’origine del male? Tra tanti altri, Agostino ha molto riflettuto e combattuto con questa domanda, formulando tre ipotesi di risposta: il male è una fuoriuscita dall’ordine divino, oppure è sempre esistito, oppure è causato da Dio. Agostino propende per la prima ipotesi, ma soprattutto tende a negare che il male abbia una vera consistenza in sé, che sia cioè una vera e propria creatura: dovrebbe essere una creatura di Dio, che è il Creatore di ogni cosa, ma non può esserlo, perché Dio ha creato solo cose buone e non può averne creato una cattiva, come è il male. Agostino tende quindi a definire il male come privazione di bene. Resta però aperta la domanda: perché l’uomo compie il male? Dove sta la sua libertà di non compierlo? Perché Dio tenta Abramo, se sa già che cosa farà Abramo? O non lo sa («ora so che tu temi Dio» – Genesi 22,12)?


È possibile pensare che il male non abbia consistenza, e che il principio del male, di per sé, non esista? Il male sarebbe solo distanza da Dio? Se è così, perché Dio permetterebbe questa distanza e in definitiva all’uomo di compiere il male? Agostino cerca di spiegare la libertà dell’uomo, ma, per questo, presuppone la fede cristiana: Ma per chi non ha la fede in Cristo o vive all’interno di altre fedi (diverse religioni o forme di etica) che succede? Saremmo sempre salvati e/o liberi?
Andrea Sermasi – Roma


Sono dieci le domande contenute in questa lettera, ma potrebbero essere cento o anche di più, e nascono tutte dall’unica domanda – quella iniziale, che è diventata il titolo di questo dialogo, e alla quale forse non c’è risposta. Ci sono domande che restano senza risposta affinché il problema che le suggerisce resti aperto e l’uomo non si stanchi di affrontarlo, anche se non riesce a venirne a capo. Per dare un’idea della complessità della questione possiamo riferirci a un frammento dei Soliloquia di Agostino, che qui dialoga con la Ragione (la sua), dunque con se stesso, intorno alla ricerca della verità. Ecco il frammento:

Ragione. Rispondi adesso a questo: pensi possa accadere che il falso non esista?

Agostino. Come potrei pensare ciò, dal momento che raggiungere la verità è così difficile da potersi dire che l’esistenza del falso è quasi più ammissibile dell’esistenza del vero?


Da queste battute di un dialogo che occupa tutta l’opera, sembrerebbe che il falso esista. Ma la Ragione osserva che «nessuna cosa è falsa se non c’è nessuna al quale appaia tale», e conclude che «la falsità non è nelle cose, ma nei sensi». In fin dei conti è l’uomo che ha creato le nozioni di vero e di falso. Ritorna perciò la domanda: il vero e il falso sono realtà oggettive, che esistono in sé, o sono invece realtà soggettive che l’uomo stabilisce e utilizza per descrivere, in base al suo discernimento, la realtà e orientarsi in essa? Che siano realtà più soggettive che oggettive risulta dal fatto che una stessa cosa può essere giudicata vera dagli uni e falsa da altri. E comunque, il falso (sia che esista in sé, sia che esista solo nel discernimento umano) ha un’esistenza propria oppure è solo un’assenza di verità? Il vero e il falso sono due principi autonomi che si fronteggiano in continuazione cercando ciascuno di prevalere sull’altro, o esiste solo la verità, mentre la falsità o la menzogna sono solo la negazione o la contestazione della verità?

Questa serie di interrogativi è quella che, mutatis mutandis e con qualche variante, accompagna ogni riflessione sul male, sulla sua origine e sulla sua consistenza: tutti, in un modo o nell’altro, ne facciamo l’esperienza, e per tutti è «il problema dei problemi». Affrontandolo, sia pure solo per sommi capi, occorre anzitutto fare una distinzione fondamentale: molto del male presente nel mondo è causato dall’uomo, e non ha alcun senso (è solo un comodo alibi) addebitarlo a Dio. Auschwitz non l’ha creato né comandato Dio, l’ha deciso e realizzato l’uomo. La morte per denutrizione di milioni di bambini non è colpa di Dio, ma nostra. Le guerre continue che insanguinano la terra non sono opera di Dio, ma nostra. E così via. Ma anche se l’uomo, e lui soltanto, è responsabile di un bel po’ del male presente oggi nel mondo, resta pur sempre aperta la domanda: come mai l’uomo fa il male anziché il bene, e ne fa così tanto e quasi, si direbbe, con gusto, e inventandone sempre nuove forme? Perché l’uomo sembra affascinato più dal male che dal bene? Perché l’uomo, che pure teme il male, non ne è solo vittima, ma anche autore e complice? Ma accanto al male di cui solo l’uomo è responsabile, c’è indubbiamente nel nostro mondo una parte non piccola di male, di cui l’uomo non è responsabile – tragedie personali e familiari (Giobbe) o collettive (tsunami) – che suscitano in tutti, credenti e non credenti, innumerevoli «perché?». Perché il male? Perché si abbatte su di me? Da dove viene? Da Dio? Sarebbe un suo castigo? O una prova? Ma Dio ricorre davvero a questi mezzi crudeli? Se non viene da Dio, viene dal Caso? Ma allora il Caso esiste – un Caso indipendente da Dio? O viene dal Destino, che esisterebbe anch’esso indipendentemente da Dio? Che senso può avere tutto questo?

Nel lontano 1959 il prof. Vittorio Subilia, allora docente di Teologia sistematica presso la Facoltà valdese di Teologia, scrisse un bel volumetto (ristampato nel 1987, ma oggi purtroppo esaurito), intitolato appunto Il problema del male. Vi si espongono, in sintesi, i tre principali tentativi di risposta alla grande, antica, eterna domanda Unde malum? ( = Da dove viene il male?).

1. Il primo è la risposta dualista. Non c’è un solo Dio, ce ne sono due, o meglio, c’è un Dio e un Anti-Dio, il Dio del bene e l’Anti-Dio del male. Essi si contendono il governo del mondo e l’anima dell’uomo: la storia umana e l’anima umana sono il loro campo di battaglia. Il male presente nel mondo non viene quindi da Dio, ma dall’Anti-Dio, che è una potenza negativa, tenebrosa, distruttrice, che Dio combatte, ma non controlla. Questa risposta ha il vantaggio di cancellare il sospetto che Dio sia autore o complice del male, ma ha lo svantaggio di limitare e relativizzare la signoria di Dio sul creato che invece, secondo la testimonianza della Scrittura, è piena e unica. Gesù è il Signore, non un Signore.

2. Un secondo tentativo di risposta è quello che consiste nella negazione del male, o meglio nella negazione che quello che ci appare come male, lo sia veramente. È un pensiero che si trova già nella filosofia greca antica, a esempio in Eraclito, che affermava: «Non si riconoscerebbe la parola giustizia se non esistesse l’ingiustizia», e ancora: «La malattia fa dolce la salute, il male fa dolce il bene, il riposo fa dolce il moto». Insomma, senza il male non esisterebbe neppure il bene. In campo cristiano viene subito in mente Agostino, giustamente citato dal nostro lettore, per il quale il male non ha consistenza propria, è semplicemente una assenza di bene (in latino privatio boni). E molti secoli più tardi, nella seconda metà del Seicento, Leibniz dirà che questo è il migliore dei mondi possibili e che il male non è altro che l’imperfezione della creatura che, proprio perché creatura, non può eguagliare la perfezione del Creatore. Molti altri filosofi e teologi della modernità hanno sostenuto tesi analoghe, che per ragioni di spazio non possiamo qui esporre. Che cosa pensare di questa posizione? Essa ha il vantaggio di invitarci a non considerare unicamente il male in sé, isolandolo da tutto il resto, come se fosse l’unica realtà presente, quasi dimenticando il bene che pure esiste. Ma ha il grave svantaggio di sottovalutare l’ampiezza e la gravità del male, la sua enorme forza di attrazione e distruzione, la profondità del suo radicamento nell’animo umano e nelle strutture della società, i danni e la quantità incalcolabile di sofferenze che provoca nell’umanità ma anche nel mondo animale e nella natura. Sarebbe davvero bello se il male fosse solo una assenza di bene. Purtroppo non è così. La dottrina di Agostino – sia detto con tutto il rispetto – è una scorciatoia.

3. Un terzo tentativo di risposta è l’esatto contrario del precedente e consiste, per dirlo in estrema sintesi, nella negazione del bene. In che senso? Non nel senso di negare che ci siano nel mondo, nella natura, nella storia e nell’esperienza umana delle cose buone e belle, dei momenti felici, dei valori positivi per i quali valga la pena impegnarsi e anche sacrificarsi: è evidente che queste cose belle ci sono. Ma sono provvisorie, fugaci, destinate a scomparire, forse solo apparenti. Si potrebbe dire così: il male è permanente, il bene è apparente. La vita può anche essere bella, ma finisce nella morte, cioè nella sua negazione. Ci sono nel mondo sprazzi di bene, ma il male sembra prevalere. Il bene esiste, ma è perdente. Occorre avere il coraggio di prenderne atto e trarre le debite conseguenze. Questa, a grandi linee, è la posizione. Che cosa pensarne? Essa ha il vantaggio di prendere sul serio il male, come effettivamente bisogna fare. Ma ha il grave torto di prenderlo talmente sul serio da esserne quasi ipnotizzata. Dichiarando in anticipo la vittoria del male, sottovaluta pericolosamente il valore della battaglia contro di esso, che invece va affermato e sostenuto con forza.

Altre posizioni dovrebbero essere presentate, come quella accennata dal nostro lettore che collega l’apparizione del male (sotto forma di peccato) alla libertà di cui l’uomo è dotato: c’è il male perché l’uomo è libero di farlo. Qui però non si spiega l’origine del male, si constata solo la sua esistenza e si dice che l’uomo è libero di farlo. Ma non è che il male esista perché l’uomo lo fa, ma l’uomo lo fa perché il male esiste. Se non esistesse, non potrebbe farlo. Il problema non è risolto, è solo spostato.

È tempo di concludere e la conclusione è questa: alla domanda del nostro lettore non c’è una risposta convincente, quanto meno non ne ho una. Il male non viene da Dio (che non lo fa), neppure dall’uomo (che lo fa), è una grande forza negativa e distruttiva, che però non è Dio, ma sotto Dio. Gesù non l’ha spiegata, l’ha combattuta frontalmente e radicalmente. La risposta è dunque questa: non cercare soluzioni teoriche che non ci sono, ma lottare con tutte le forze, interiori ed esteriori, e con tutti i mezzi, contro il male nelle sue svariatissime forme, cominciando dalla più insidiosa: il male che si presenta come bene.


Tratto dalla rubrica Dialoghi con Paolo Ricca del settimanale Riforma
del 22 aprile 2011

sabato 21 maggio 2011

CULTO EVANGELICO AD AOSTA VALDESE - DOMENICA 22 MAGGIO 2011






CHIESA EVANGELICA VALDESE
AOSTA

Via Croix de Ville, 11 
AOSTA

Culto Evangelico di Adorazione e Lode 

Domenica ore 10.30


DOMENICA 22 MAGGIO 2011 
- 5a DI PASQUA - CANTATE
(Cantate al Signore - Salmo 98,1)

Predicazione a cura di
Angelo ARCA
della Chiesa Evangelica Valdese di Ivrea

DOMENICA 22 MAGGIO 2011 - PREGHIERA PER LA PACE


Dal 17 al 25 maggio 2011 si svolge a Kingston in Giamaica
la Convocazione Ecumenica Internazionale sulla Pace
promossa dal Consiglio Ecumenico delle Chiese.
I partecipanti chiedono a tutte le Chiese del mondo 
di unirsi a loro
domenica 22 maggio con la preghiera per la pace



Preghiera per la pace – Domenica 22 maggio 2011

Dio della pace, a cui nulla è impossibile,
creatore, redentore, vivificatore:
ancora una volta veniamo a Te
per implorare la tua misericordia e il tuo perdono.
Dacci di poter ricominciare di nuovo
e aiutaci a dare un’opportunità alla pace in questo mondo.
Sì, vogliamo dare alla pace una possibilità,
perché abbiamo mancato tante occasioni,
abbiamo impedito tante iniziative
e siamo stati a guardare, quando il bene veniva sopraffatto,
invece di vincere il male con il bene.
Perdonaci, Signore.

Ti preghiamo, donaci la pace.

Mentre chiediamo il tuo perdono, vorremmo che questo stesso istante
diventasse un tempo di pace, in cui rinnovare il nostro impegno
di costruttori di pace e di giustizia.
Ti rendiamo grazie per il Decennio per superare la violenza,
per il lavoro svolto per accrescere la nostra coscienza
e il nostro desiderio di pace.
Al tempo stesso confessiamo che c’è molto di più da fare
se vogliamo davvero dare alla pace una possibilità.

Ti preghiamo, donaci la pace.

Attraverso il tuo Spirito, ti chiediamo di consacrare alla pace i nostri cuori e le nostre menti
e di far sì che le nostre vite stesse siano il punto di partenza della pace, qui ed ora.
Aiutaci a cooperare con Te, dando alla pace una possibilità,
creando un mondo in cui la pace sia il nostro ethos e la nostra essenza.
Donaci la pace, ti preghiamo. Donaci saggezza e coraggio:
saggezza per discernere ciò che porta alla pace,
e coraggio per essere fedeli e obbedienti a Te.

Ti preghiamo, donaci la pace.

Dio della pace, a cui nulla è impossibile,
fa che siano strumenti della tua pace
quanti partecipano alla Convocazione internazionale ecumenica sulla pace e in ogni luogo,
cosicché tutti insieme possiamo compiere la tua volontà,
e dare così alla pace una possibilità.
Nel nome del Principe della pace, Gesù Cristo, nostro Signore e Salvatore.
Amen.


Preghiera dai Caraibi 
per la Convocazione internazionale ecumenica sulla pace 

venerdì 20 maggio 2011

IL LIBRO DEGLI ATTI DEGLI APOSTOLI: ALLE ORIGINI DEL CRISTIANESIMO

EDB - Edizioni Dehoniane Bologna


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Marguerat Daniel
GLI ATTI DEGLI APOSTOLI. 1. (1–12) 
Anno: 2011 (aprile)
Edizione: 1
Pagine: 512
Collana: Testi e commenti

Confezione: Brossura


Descrizione dell'opera

Il libro degli Atti degli apostoli è l'unico documento antico che ci riferisce gli inizi del movimento di Gesù e la "carriera folgorante" dell'apostolo Paolo. Gli Atti degli apostoli si interrogano sulle origini del cristianesimo e sulle ragioni della rottura fra cristiani e giudei. Essi illustrano i tentativi della missione cristiana in un mercato religioso fortemente concorrenziale, informando sulla vita dei primi cristiani e sulla nascita delle loro comunità. Inoltre, tentano di spiegare lo straordinario successo di questo movimento, nonostante le forti opposizioni che ha incontrato.
L'opera propone un commento dettagliato della prima parte di Atti (capp. 1-12) in una nuova traduzione. La materia è affrontata con stile immediato e godibile; 13 riquadri approfondiscono aspetti storici o teologici particolarmente importanti, 5 carte geografiche aiutano a collocare gli avvenimenti. La profondità del commento e il rigore interpretativo fanno del volume un testo di studio, lo stile brillante ed efficace un'opera accessibile anche ai non specialisti.

Sommario

Prefazione. Prefazione all'edizione italiana. Elenco delle abbreviazioni. Commentari degli Atti degli apostoli consultati. Introduzione. Prologo. Dal Vangelo agli Atti (1,1-14). I. GERUSALEMME. LA COMUNITÀ CON I DODICI APOSTOLI (1,15-8,3). 1. Fondazione della comunità (1,15-2,47). 2. Vita della comunità a Gerusalemme (3,1-5,42). 3. La crisi (6,1-8,3). II. DA GERUSALEMME AD ANTIOCHIA. L'apertura (8,4-12,25). 4. Scontri e successi al di là di Gerusalemme (8,4-9,31). 5. Con Pietro, l'apertura al mondo delle nazioni (9,32-12,25).


Note sull'autore

DANIEL MARGUERAT, professore emerito di Nuovo Testamento all'Università di Losanna, è un rinomato specialista della ricerca su Gesù e sulle origini del cristianesimo. Le sue pubblicazioni gli hanno meritato una fama internazionale. Tra le sue opere tradotte in italiano segnaliamo: L'uomo che veniva da Nazareth. Che cosa si può sapere oggi su Gesù, Claudiana, Torino 2005; Paolo di Tarso. Un uomo alle prese con Dio, Claudiana, Torino 2004; Risurrezione, Claudiana, Torino 2003.




INTRODUZIONE E COMMENTO AL LIBRO BIBLICO DEI DODICI PROFETI

EDB - EDIZIONI DEHONIANE BOLOGNA

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Scaiola Donatella
i DODICI PROFETI: PERCHÉ «MINORI»? 
Esegesi e teologia
Anno: 2011 (aprile)
Edizione: 1
Pagine: 296
Collana: Biblica

Confezione: Brossura



Descrizione dell'opera

Il libro dei Dodici Profeti Minori - Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia - è da qualche tempo oggetto di attenzione da parte di molti esegeti, soprattutto di lingua tedesca e inglese. Rispetto alla lettura che affronta i vari libri singolarmente, in ambito esegetico sono infatti maturate domande che riguardano l'unità del libro e che ne studiano la forma finale in prospettiva canonica.
Lo studio costituisce una sorta di introduzione e di commento al libro dei Dodici Profeti Minori. Si tratta del primo lavoro sul tema apparso in lingua italiana, considerato che al momento non esistono monografie che affrontino i Dodici con tale approccio.
Il percorso proposto, di tipo esegetico-teologico è suddiviso in tre parti. La prima ha lo scopo di presentare di motivi che giustificano la lettura unitaria del libro dei Dodici. La seconda offre almeno un saggio di lettura esegetica tratto da ognuno dei singoli profeti minori. La terza approfondisce alcuni temi di carattere teologico, presenti in uno o più profeti, e riprende la questione più generale relativa alla forma del libro dei Profeti Minori.

Sommario

Abbreviazioni e sigle. Presentazione. I. IL QUADRO DELLA RICERCA. 1. Introduzione al libro dei Dodici. II. SAGGI DI ESEGESI. 2. Osea, «Dio ha prestato soccorso». 3. Gioele 3: la promessa dello Spirito. 4. Amos 7-9: la visione profetica. 5. Abdia: «Il regno sarà del Signore». 6. Giona, il risentimento dell'eletto. 7. Michea, «pieno di forza, di spirito del Signore, di giustizia e di coraggio». 8. Naum, il consolatore? 9. Abacuc, il profeta sentinella. 10. Sofonia, "YHWH protegge". 11. Aggeo, il profeta della ricostruzione. 12. Zaccaria, la visione della fede. 13. Malachia, angelo o messaggero? III. TEOLOGIA. 14. Il libro dei Dodici. Bibliografia. Indici.

Note sull'autrice

DONATELLA SCAIOLA (Abbiategrasso [MI] 1958, coniugata) ha effettuato gli studi di teologia alla Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale (Milano), poi la licenza e il dottorato al Pontificio Istituto Biblico (Roma). Attualmente è professore straordinario nella facoltà di missiologia della Pontificia Università Urbaniana. Ha collaborato con vari istituti di scienze religiose, seminari e facoltà teologiche. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo: «Una cosa ha detto Dio, due ne ho udite». Fenomeni di composizione appaiata nel Salterio Masoretico, Roma 2002; Rut, Giuditta, Ester, Padova 2006; "Servire il Signore". Linee di una teologia biblica della missione nell'Antico Testamento, Roma 2008; Rut  (I Libri Biblici), Milano 2009. È direttore della rivista «Parole di Vita».




tratto da: www.dehoniane.it

UN CLASSICO DELLA LETTERATURA TEOLOGICA CONTEMPORANEA

EDIZIONI DEHONIANE BOLOGNA


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Nygren Anders
EROS E AGAPE
La nozione cristiana dell'amore e le sue trasformazioni
Anno: 2011 (aprile)
Edizione: 1
Pagine: 848
Collana: Economica EDB

Confezione: Brossura



Descrizione dell'opera

Classico della letteratura teologica contemporanea, l'opera, uscita in due volumi nel 1930 e 1936, è una ricerca che si propone di individuare il «motivo di fondo» di tutto il cristianesimo e lo coglie nell'agape neotestamentaria. Secondo Nygren l'agape è infatti il libero, assoluto, immotivato amore di Dio per l'uomo che non cerca i giusti, ma i peccatori, fino a sacrificare per essi il suo Figlio, Gesù. E la risposta dell'uomo a Dio non è l'amore dell'uomo per Dio, ma l'amore egualmente disinteressato per il prossimo. Di questo tema Nygren cerca di seguire la storia lungo la vicenda cristiana, in quella che gli appare la difficile dialettica con un amore tutto diverso, ascensionale, dell'uomo verso Dio e verso la divinizzazione dell'uomo, l'eros, come è stato inteso nella grecità, da Platone ai platonici tardivi.
Eros e agape: motivi antitetici della vicenda di fondo del cristianesimo, nei quali confluiscono i vari tentativi di sintesi fra i due, fra cui primeggia quella della caritas di Agostino e dei medievali. Si tratta di tentativi ritenuti tuttavia non accettabili da Nygren, in quanto eros e agape non sono per lui conciliabili né riducibili a sintesi. Soltanto con Lutero, che dissolve le contraddizioni della caritas agostiniana, egli ritrova la riaffermazione vigorosa dell'agape neotestamentaria.
Nel suo radicale dualismo di eros e agape, il volume ripropone perentoriamente il problema della natura cristiana dell'amore.

Sommario

Introduzione all'edizione italiana (F. Bolgiani). Prefazione alla 1a edizione. Prefazione alla 2a edizione. I. I DUE MOTIVI DI FONDO. Introduzione: Il rapporto tra eros e agape. 1. Il motivo dell'agape. 2. Il motivo dell'eros. 3. Il contrasto fondamentale tra eros e agape. II. IL CONFLITTO TRA I DUE MOTIVI. Premessa. Introduzione. 1. Nomos, eros e agape: i conflitti nella Chiesa antica. 2. La sintesi nella «caritas». 3. Il cammino dell'eros fino al Medioevo. 4. La dottrina medievale dell'amore. 5. Il rinnovamento del motivo dell'eros nel Rinascimento. 6. Il rinnovamento del motivo dell'agape nella Riforma. Conclusione. Indici.

Note sull'autore

ANDERS NYGREN (1890-1974) è uno dei maggiori rappresentanti della teologia luterana svedese. Formatosi come filosofo della religione, si è interessato di teologia sistematica applicata all'indagine storica dei «motivi di fondo» del cristianesimo. Vescovo luterano di Lund, dal 1949 al 1958, ha lavorato anche nel campo dell'ecumenismo luterano, partecipando attivamente a tutte le iniziative unionistiche mondiali, riorganizzando le Chiese luterane degli Stati Uniti e presiedendo, dal 1947 al 1952, l'Alleanza mondiale delle Chiese luterane. Oltre a Eros e agape ha pubblicato numerosi altri scritti, fra cui Fondamenti scientifici della dogmatica (1922), Etica filosofica e cristiana (1923), La Lettera di san Paolo ai Romani (1944), Cristo e la sua Chiesa (1955), Agostino e Lutero (1958), Essenza del cristianesimo(1960), Il significato della Bibbia per la Chiesa (1963).



tratto da: www.dehoniane.it