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domenica 31 luglio 2011

Solidarietà






Corno d'Africa


Esteso il campo profughi di Dadaab gestito dai luterani 



- La FCEI lancia una sottoscrizione



Roma (NEV), 27 luglio 2011 - "Un giorno spero di avere una dimora più stabile, ma oggi sono felice di avere una tenda". E' il commento di una rifugiata somala che, insieme a migliaia di altre persone in fuga dalla carestia del Corno d'Africa, è stata accolta nel campo IFO2 di Dadaab (Kenya), aperto lo scorso lunedì. Il sollievo non riguarda solo i tantissimi profughi che non avevano trovato spazio nell'ormai sovraffollato campo dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR) di Dadaab, giunto ad ospitare 500mila persone, ma anche i responsabili della Federazione luterana mondiale (FLM) che gestiscono per l'ACNUR entrambi i campi. "Senza l'allestimento di IFO2 la situazione sarebbe diventata insostenibile con l'affollarsi dei nuovi arrivati nelle zone limitrofe al campo esistente, in assembramenti giuridicamente illegali nei quali era impossibile accedere ai servizi fondamentali, senza alcuna garanzia di protezione", ha dichiarato Lennart Hernander, rappresentante in Kenya della FLM. La difficoltà di aprire un nuovo insediamento derivava dalla posizione inizialmente contraria del governo keniota. L'area di Dadaab è infatti sovraesposta all'arrivo dei profughi, avendo aumentato la sua popolazione dell'85% in tre anni. L'attuale carestia, che si somma alla ventennale guerra civile, porta dalla Somalia in Kenya un flusso giornaliero di almeno mille persone. Nonostante questa situazione, "il fatto che il Kenya abbia deciso di continuare ad accogliere rifugiati, aumenta la nostra gratitudine e ammirazione", ha scritto il segretario generale della FLM, pastore Martin Junge, in una lettera indirizzata al Presidente e al Primo Ministro del Kenya, rispettivamente Mwai Kibaki e Raila Odinga. Martin Junge visiterà il campo dal 31 luglio al 3 agosto prossimi.

L'apertura di IFO2 è una buona notizia in una situazione generale che rimane altamente drammatica. Questa che è stata definita dall'ONU la più grave carestia del Corno d'Africa degli ultimi 60 anni, mette a rischio la vita di almeno 10 milioni di persone. La malnutrizione, e in particolare quella infantile, è in aumento esponenziale. "Purtroppo le cose sono destinate a peggiorare – ha commentato amaramente Hernander -. La risposta della comunità internazionale a questa crisi alimentare è stata e continua ad essere del tutto insufficiente".

A rendere gli interventi di aiuto ancora più complicati all'ingresso in Somalia di agenzie di soccorso non musulmane, è l'opposizione del gruppo Al Shabaab, affiliato ad Al Qaeda. Tra queste, anche l'Agenzia avventista di sviluppo e soccorso (ADRA) che insieme a molte altre organizzazioni umanitarie, è stata bandita con l'accusa di corrompere "il puro credo musulmano in Somalia".

La Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) ha deciso di aprire una sottoscrizione a favore dell'intervento umanitario nel Corno d'Africa. Letizia Tomassone, vice presidente della FCEI, ha rilasciato la seguente dichiarazione: "Con questa sottoscrizione vogliamo porre all'attenzione delle chiese non soltanto la necessità di prenderci cura di popoli schiacciati dalla fame e dalla sete. Ancora più in profondità vorremmo che le chiese riflettessero in spirito di preghiera sui modi di riportare ad equilibrio la fragile giustizia nel mondo, e sulla promessa che il Signore pone su tutto il genere umano: 'Io sono venuto perché abbiano la vita in abbondanza' (Giovanni 10:10)".

Per le donazioni utilizzare il conto corrente postale: 
n. 38016002 - IBAN: IT 54 S 07601 03200 0000 38016002, BIC/SWIFT code: BPPIITRRXXX 
intestato a: Federazione delle chiese evangeliche in Italia, 
via Firenze 38, 00184 Roma. 
Specificare nella causale: Corno d'Africa.



sabato 30 luglio 2011

Cristo è Risorto vittoria della vita sulla morte

                             DIALOGHI CON PAOLO RICCA




Dove vivono i morti – se vivono?

Anni fa ho assistito a un funerale in una nostra chiesa evangelica e il sermone del pastore era centrato su questo messaggio: il fratello che è deceduto, oggi è con il Signore il quale lo accoglie a sé perché premia la fatica delle sue mani. A conclusione, ecco le parole di un inno: «Oh, beati su nel ciel, quei che muoion nel Signor! Oltre il mesto oscuro vel, v’è per essi un nuovo albor».




Sono rimasto perplesso ascoltando questa esortazione e mi sono posto le domande che vorrei condividere con la rubrica «Dialoghi». Veramente chi muore «oggi» è «oggi» con il Signore? Vi è questa presenza temporale con il Signore? Qual è la sorte del cristiano di fronte alla sua morte? Essere con il Signore perché si è operato con fedeltà o essere in attesa della risurrezione dei morti?
Giovanni Anziani – Campobasso



Credo che anche i lettori del nostro settimanale che abitualmente non leggono questa rubrica, oppure la leggono solo saltuariamente, questa volta non resisteranno alla curiosità di vedere come si possa rispondere alla domanda: «Dove vivono i morti – se vivono?». Dico che non resisteranno perché è una domanda che ci riguarda tutti da vicino per due motivi: il primo è che tutti, prima o poi, abbiamo fatto o stiamo facendo o faremo l’esperienza della morte, non della nostra che non possiamo fare, perché la morte cancella anche l’esperienza della morte, ma della morte di altri e, specialmente se sono parenti o amici, conosciamo il dolore che provoca e le domande che suscita; il secondo motivo, fin troppo ovvio, è che un giorno, vicino o lontano, moriremo anche noi, e non è certo una curiosità frivola chiedersi dove andremo a finire, se, dopo l’avventura in questo mondo, andremo da qualche parte oltre che in una tomba o in un’urna o chissà dove, «leggeri nel vento», come dice Davide Maria Turoldo in uno dei suoi Canti ultimi (Garzanti 1992, 1a ediz. 1991). Desidero anzi, iniziando questa risposta, riprodurlo per intero, anche per rendere omaggio a questo caro amico, grande cantore della fede e intrepido cristiano (era un frate servita) anche nel modo di affrontare, dopo lunga e tormentata agonia, la sua morte: non trasfigurandola, cioè non facendo finta di non vedere l’ombra del Nulla che l’accompagna («la morte è la vendetta del Nulla»), e al tempo stesso confessando e interrogando il Tu divino, compagno della sua vita e della sua morte. Ecco il canto intitolato «E quando avrò»:
Quando avrò dalla mia cella
salutato gli amici e il sole
e si alzerà la notte,
finalmente
saldato il conto,
campane
suonate a distesa:
la porta è da tempo
segnata dal sangue
pronte le erbe amare
e il pane azzimo:
allora andremo
leggeri nel vento.



Come Israele, liberato dalle catene della schiavitù, poté partire verso la terra della libertà, così noi, liberati da Cristo dalle catene della morte, potremo andare «leggeri nel vento» – verso dove? Ecco la domanda del nostro lettore, alla quale ora dobbiamo rispondere. Prescindo qui dalle risposte che sono state date e si danno in altre religioni o visioni laiche del mondo o della vita, diverse da quella cristiana. La cosa sarebbe di grande interesse, ma non ho lo spazio per farlo. Limitiamoci quindi al cristianesimo che ha, nel cuore del suo Credo, la fede nella risurrezione di Cristo («il terzo dì risuscitò») e dei corpi («credo ... la risurrezione dei corpi»; i simboli cristiani più antichi dicono «della carne»!), e che nel corso della sua (ormai) lunga storia ha elaborato tre diverse risposte alla domanda del nostro lettore, che sono, a grandi linee, queste.

1. La prima è quella del purgatorio, una dottrina sviluppatasi solo a partire dal XII secolo, che ipotizza l’esistenza di un «luogo» (non necessariamente fisico in una ipotetica «geografia dell’aldilà») e di un «tempo» misurabile (con un inizio e una fine, quindi una durata), nei quali l’anima si purifica, attraverso vari tipi di pene (quella maggiore è la privazione della visione di Dio), e viene così resa idonea a entrare nel «paradiso», cioè nella presenza e comunione di Dio. Secondo questa dottrina, quando una persona muore, anche se è credente, non accede immediatamente al mondo di Dio, ma deve passare per il purgatorio, perché nessuno in questa vita è così perfetto da non avere qualche pena da espiare. Ora però la dottrina del purgatorio non ha alcuna base biblica, è anzi contraddetta da molte affermazioni della Scrittura ed è perciò giustamente rifiutata sia dalle chiese della Riforma, sia dalle chiese ortodosse, e lo era già stata dai Valdesi medievali. Lutero definisce il purgatorio «una pura fantasmagoria del diavolo» e Calvino «una terribile bestemmia contro Cristo», perché trasmette il messaggio che il sacrificio della croce non è sufficiente a cancellare tutte le colpe e tutte le pene, il che è l’esatto contrario della fede cristiana. Negare il purgatorio non significa però dimenticare i morti. Al contrario li dobbiamo ricordare, non però nella tomba o nel purgatorio, ma in Cristo.

2. La seconda risposta è quella del sonno in Cristo, che, tra gli altri, anche Lutero ha fatto propria. Secondo questa concezione, quando si muore si entra in una condizione analoga a quella di un sonno profondo, senza sogni, in cui si perde la coscienza del tempo e dello spazio, e tutto succede «in un batter d’occhio» (I Corinzi 15, 52). Scrive Lutero: «Dormiremo fino a quando Cristo arriverà e busserà alla nostra tomba: "Dottor Martino, alzati!". E subito mi alzerò e vivrò insieme a lui nella gioia eterna». Quando dura il «sonno»? Può durare secoli e millenni, ma sembrerà sempre un attimo, perché nel sonno non ci accorgiamo del passare del tempo. Lutero prende alla lettera certe espressioni del Nuovo Testamento che parlano di coloro che «dormono in Cristo» (I Corinzi 15, 18.20; I Tessalonicesi 4, 13). Alla luce di questa concezione la risposta alla domanda del nostro lettore è: i morti «dormono in Cristo» e saranno svegliati all’ultimo giorno. Qui però ci sono due problemi. Il primo è che per molti interpreti l’espressione «dormire in Cristo» è un eufemismo (in uso nell’antichità) per dire «essere morti», non va quindi presa alla lettera, come invece fa Lutero. Il secondo è sapere se tutti i morti «dormono in Cristo», o solo i credenti. Ciò nondimeno questa concezione ha un grande pregio: mette in luce il fatto che nel Cristo risorto non c’è più morte, ma solo vita e vita eterna. E quindi in lui si può solo «dormire», ma non perire.

3. La terza risposta si muove nella scia della precedente ed è quella che si ricava da tante affermazioni del Nuovo Testamento, a cominciare da questa bellissima di Gesù: «per lui [Dio] vivono tutti», anche quelli – diremmo – che per noi sono morti. E qui sono importanti sia il presente «vivono» (non «vivranno» in un futuro indeterminato, ma «vivono» adesso, in quella che potremmo chiamare l’istantanea dell’eternità di Dio), sia il «tutti», davvero impressionante per noi sempre inclini a distinguere, classificare, separare gli uni dagli altri. Potrei citare tanti altri passi che tutti quelli che leggono la Bibbia conoscono a memoria, soprattutto di Giovanni (dove a esempio Gesù dice: «Chiunque vive e crede in me non morrà mai» – 11, 26) e di Paolo («né vita né morte ... potranno separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù» – Romani 8, 38), ma non è necessario. L’idea di fondo del Nuovo Testamento è che la morte non ci toglie lo Spirito Santo e non ci separa da Cristo, nel quale, come ho già detto, non c’è morte, ma vita. In questo senso il «dormire in Cristo» può essere qualcosa di più che una semplice metafora, nel senso cioè che Cristo, nella potenza della sua risurrezione, trasforma la nostra morte in sonno. E comunque, la certezza cristiana fondamentale è che, come dice il Catechismo di Heidelberg, «apparteniamo a Cristo, con colpo e con l’anima, in vita e in morte». Sì, anche in morte. Questo «essere in Cristo», appartenergli in vita e in morte, non è ancora la risurrezione dai morti che avverrà alla fine (fino ad allora «non è ancora reso manifesto ciò che saremo» I Giovanni 3, 2), ma è una comunione reale con il Risorto che spiega perché Gesù abbia potuto dire al ladrone: «Oggi tu sarai meco in paradiso» (Luca 23, 43). Non è ovviamente l’oggi del nostro calendario – oggi che domani diventerà ieri –, è l’oggi eterno di Dio, il tempo senza tramonto aldilà del nostro tempo che passa.

Che dire in conclusione? Dirò che in questo campo occorre sobrietà, perché qui più che altrove conosciamo «in parte, non ancora appieno» (I Corinzi 13, 12), e molte cose ora nascoste devono ancora essere svelate, ma occorre anche quella che il Nuovo Testamento chiama parresìa, cioè la libertà di dire pubblicamente che noi crediamo in Cristo risorto, e quindi nella vittoria di Dio sulla morte e nella risurrezione dei morti. Si può allora dire di una persona deceduta, come disse il pastore citato nella lettera, che essa «è oggi con il Signore»? Sì, si può dire, ma – per favore – non perché Dio «premia le fatiche delle sue mani» (come disse, ahimé, il pastore), ma solo perché Cristo è risuscitato anche per lei.


Tratto dalla rubrica Dialoghi con Paolo Ricca del settimanale Riforma 
del 9 aprile 2010

si veda anche il sito: www.chiesavaldese.org


COURMAYEUR VALDESE - Culto Evangelico di Domenica 31 luglio 2011

COURMAYEUR - Domenica 31 luglio 2011
7a DOPO PENTECOSTE
tempio valdese Piazza Petigax, 1 - Courmayeur
Culto Evangelico di Adorazione e Lode
ore 18.00

Predicazione a cura del pastore  Maurizio ABBA'

AOSTA VALDESE - Culto Evangelico Domenica 31 luglio 2011

AOSTA - Domenica 31 luglio 2011 
- 7a DOPO PENTECOSTE
tempio valdese Via Croix de Ville, 11 - Aosta
Culto Evangelico di Adorazione e Lode
ore 10.30

Predicazione a cura del pastore  Maurizio ABBA'

iniziativa valdese a Courmayeur

Foto: Riccardo IBBA


                   conferenza della pastora valdese Giovanna PONS a Courmayeur

venerdì 29 luglio 2011

Una Meditazione di Dietrich Bonhoeffer

La somma del cristianesimo


   Non la religione ci rende buoni davanti a Dio,
ma Dio soltanto;
è dalla sua azione che questo dipende. 
Di fronte a essa ogni nostra pretesa viene a cadere.
La cultura come la religione stanno sotto il giudizio divino.
Le cause della nostra moralità e della nostra religione sono smascherate, vorremmo essere signori dell’eterno e ora siamo schiavi. Rimane solo una salvezza: il cammino di Dio, che significa della grazia. […] Non la religione, ma la rivelazione, la grazia, l’amore, non il cammino verso Dio, ma il cammino di Dio verso l’uomo, questa è la somma del cristianesimo. Qui si trova una grande disillusione e tuttavia una speranza ancora più grande. Il nostro guadagno, la nostra superbia, il nostro onore, tutto questo è finito. Ma allora inizia la grazia di Dio, la gloria di Dio, l’onore di Dio. Non la nostra religione – nemmeno quella cristiana! – ma la grazia di Dio, questo è il messaggio di tutto il cristianesimo. Non è importante la nostra mano tesa a mendicare, ma il fatto che Dio la riempia; e questo significa che non siamo assolutamente noi e il nostro agire a essere importanti, ma Dio e il suo agire. Il nostro agire lo è soltanto nella misura in cui crea spazio per l’agire di Dio, perché fa essere la grazia di Dio grazia. La nostra speranza non si fonda su di noi, ma su Dio. E dove, se non in Dio, trova un fondamento così forte?                                                                      

                                                                        DBW 10,458s.

tratto da:
- Dietrich Bonhoeffer, Voglio vivere questi giorni con voi,
a cura di Manfred Weber,
traduzione di Andrea Aguti e Guido Ferrari, Editrice Queriniana, Brescia, 2007, p. 236.

sabato 23 luglio 2011

AOSTA giovedì 28 luglio 2011 ore 18.00

IL DONO DI DIO

È per grazia che siete stati salvati,
mediante la fede; e ciò non viene da voi;
è il dono di Dio
(Efesini 2,8)

A COURMAYEUR

INIZIATIVE DELLA CHIESA EVANGELICA VALDESE
A COURMAYEUR



COURMAYEUR VALDESE - Culto Evangelico di Domenica 24 luglio 2011

COURMAYEUR - Domenica 24 luglio 2011
6a DOPO PENTECOSTE
tempio valdese Piazza Petigax, 1 - Courmayeur
Culto Evangelico di Adorazione e Lode
ore 18.00

Predicazione a cura del pastore  Maurizio ABBA'

AOSTA VALDESE - Culto Evangelico Domenica 24 luglio 2011

AOSTA - Domenica 24 luglio 2011 
- 6a DOPO PENTECOSTE
tempio valdese Via Croix de Ville, 11 - Aosta
Culto Evangelico di Adorazione e Lode
ore 10.30

Predicazione a cura del pastore  Maurizio ABBA'


esecuzione musicale  Leo Sandro Di TOMMASO

venerdì 22 luglio 2011

Porte Aperte alla Città










AOSTA giovedì 21 luglio 2011

sabato 16 luglio 2011

COURMAYEUR VALDESE - Culto Evangelico di Domenica 17 luglio 2011

COURMAYEUR - Domenica 17 luglio 2011
5a DOPO PENTECOSTE
tempio valdese Piazza Petigax, 1 - Courmayeur
Culto Evangelico di Adorazione e Lode
ore 18.00

Predicazione a cura del pastore valdese Maurizio ABBA'

CULTO EVANGELICO AD AOSTA VALDESE - Domenica 17 luglio 2011

AOSTA - Domenica 17 luglio 2011 - 5a DOPO PENTECOSTE
tempio valdese Via Croix de Ville, 11 - Aosta
Culto Evangelico di Adorazione e Lode
ore 10.30

Predicazione a cura della pastora valdese Giovanna PONS


esecuzione musicale  Vanda MONAJA

sabato 9 luglio 2011

COURMAYEUR VALDESE - Culto Evangelico di Domenica 10 luglio 2011



COURMAYEUR - Domenica 10 luglio 2011
4a DOPO PENTECOSTE
tempio valdese Piazza Petigax, 1 - Courmayeur
Culto Evangelico di Adorazione e Lode
ore 18.00

Predicazione a cura del Predicatore Locale Leo Sandro Di TOMMASO

Culto Evangelico ad Aosta Valdese - Domenica 10 luglio 2011

AOSTA - Domenica 10 luglio 2011 4a DOPO PENTECOSTE
tempio valdese Via Croix de Ville, 11 - 
Culto Evangelico di Adorazione e Lode
ore 10.30

Predicazione a cura del Predicatore Locale Leo Sandro Di TOMMASO

venerdì 8 luglio 2011

Terapia del dolore nei malati oncologici

PAROLA E MUSICHE



                
AOSTA, giovedì 7 luglio 2011
iniziativa PORTE APERTE alla CITTA'
PAROLA E MUSICHE
Cristina BARATTO, prima da sinistra,
riceve l'omaggio floreale della Comunità Valdese di Aosta

giovedì 7 luglio 2011

GRAZIE A CRISTINA BARATTO

Grazie Cristina BARATTO per il talento musicale
offerto con garbo narrativo e competenza
all'incontro di spiritualità evangelica PAROLA E MUSICHE






La Chiesa Evangelica Valdese di Aosta 

sabato 2 luglio 2011

AOSTA VALDESE: PORTE APERTE alla CITTA'


cliccare sul testo per ingrandirlo

venerdì 1 luglio 2011

La teologia del Novecento - importante libro di Fulvio Ferrario - Carocci Editore




Fulvio Ferrario, La teologia del Novecento

Carocci editore, 2011


- la seguente recensione

è tratta dalla rubrica: IL LIBRO DEL MESE a cura di Giorgio Tourn

www.chiesavaldese.org


IL LIBRO DEL MESE

a cura di Giorgio Tourn



Un secolo è un arco di tempo considerevole e il Novecento, anche se viene detto "secolo breve", è stato così carico di eventi e di esperienze da presentarsi a noi oggi come secolo lungo. Ridurre le sue vicende teologiche in 300 pagine è operazione quanto mai difficile, tanto più se si tratta di presentarlo ad un pubblico generico, non specialistico; Ferrario riesce nell’intento svolgendo il programma in stile discorsivo, senza termini tecnici e senza dare nulla per preconosciuto. 





Il titolo del volume corrisponde pienamente al contenuto, si tratta della teologia, cioè della riflessione condotta dai cristiani di tutte le confessioni, protestanti, cattolici, ortodossi. Il lettore è posto così di fronte ad un arco di pensieri molto ampio di pensieri e può rendersi conto della grande varietà di approcci che il mondo cristiano moderno ha assunto di fronte i dati della sua fede.


Colpisce il fatto che raramente queste riflessioni si pongano in dialogo fra loro, nella maggioranza dei casi procedono secondo le rispettive tradizioni ripensando la propria identità. Le confessioni si aggiornano ma nei parametri delle rispettive tradizioni, è fuor di dubbio che il cristianesimo ha come centro vitale il fatto unico dell’incarnazione di Cristo, ma, come tutte le grandi religioni, è un arcipelago di realtà spirituali, di sensibilità, di approcci diversi.
Partendo dall’ Essenza del Cristianesimo di Harnack, il classico del pensiero liberale protestante, l’esposizione di Ferrario percorre il secolo colloquia con Barh e Rahner, Bultmann e von Balthasar, Pannenberg e Tillich, giungendo sino alle molte espressioni teologiche in cui la chiesa del 2000 cerca di tradurre la sua fede. Come tutti i testi lineari e meditati non può essere riassunto né richiede commenti, va letto.

Questa carrellata teologica ha suscitato in noi alcune riflessioni marginali che ne sottolineano l’interesse. Ci si può chiedere anzitutto quale lettura ne può fare un italiano odierno; quand’anche si tratti di una persona colta o interessato ai problemi teologici, l’incontro con questo universo risulterà sempre assai complessa (di qui l’utilità del volume!).
La nostra è infatti una cultura in cui la riflessione teologica è quasi nulla. Tutto ciò che tocca in qualche modo il tema della fede cristiana è riservata ai preti, che peraltro si occupano oggi di tutt’altro. C’è la religione, è vero, ma si tratta di tutt’altro: un fenomeno sociale, il mondo delle sette, il mistero, lo joga; la fede cristiana è essenzialmente pratica, devozione, spiritualità, non pensiero, chi riflette: il filosofo, lo scienziato, il giornalista evita accuratamente di compiere lo sforzo di pensare la fede, si possono credere solo le cose che non si dimostrano ("credo perché è assurdo"secondo il detto medievale). Il massimo della riflessione teologica sono i dialoghi fra un giornalista o un filosofo agnostico e un teologo (Augias-Mancuso, Scalfari-Martini, Odifreddi-Ratzinger).

Una cultura, la nostra che si crede molto libera e moderna ed è ferma all’Enciclopédie di Diderot, quando non al Principe, non ha forse scritto De Sanctis: «l’Italia del Pico e del Pomponazzo il suo Lutero fu Nicolò Machiavelli»? La base del nuovo edificio della modernità non poteva essere dal suo punto di vista la religione ma la scienza. 
Si tratta di un tragico destino, di una fatalità storica o di una condizione naturale del carattere italiano? La domanda introduce la seconda riflessione. Il testo di Ferrario mostra in modo inequivocabile che l’assenza di pensiero teologico nel Novecento italiano si deve attribuire alla repressione esercitata dal magistero romano. Con l’enciclica Pascendi del 1908 è stata infatti stroncata ogni studio che, affiancandosi alle ricerche effettuate dal protestantesimo, uscisse dai canoni della teologia tradizionale. Chiuse le riviste e condannati gli esponenti, di quello che si veniva detto il "modernismo" (con accezione svalutativa: l’aspetto negativo della modernità), veniva imposto a tutto il clero un giuramento "anti modernista".

Il cattolicesimo del Novecento vivrà sino al Concilio sotto l’incubo della Pascendi, lo sforzo dei suoi uomini più avvertiti in Francia e Germania sarà quello di riuscire a scrivere e insegnare, dribblando la condanna; sforzo che il più delle volte risulterà inutile perché la maggioranza finì nel silenzio, anche se gli scritti, che ormai non si possono più mandare al rogo, proseguono il loro cammino, e diffondono pensieri che nemmeno il Sant’Uffizio può controllare. L’Italia è naturalmente l’immagine più perfetta di questa politica culturale, meglio anti culturale, della Pascendi. La vicenda di Ernesto Buonaiuti, il massimo storico del cristianesimo antico, espulso dall’insegnamento universitario da una norma degli accordi lateranensi Vaticano-Mussolini resta a simbolo di un’epoca.
Ciò che non è nato può sempre nascere, ciò che è stato distrutto però non rinasce, neanche in Italia, terra di miracoli.

Accompagnando via via il personaggio, di cui Ferrario illustra così bene i libri e le riflessioni, non si può evitare di fare una terza riflessione, ponendo a confronto questo impegno culturale con la vita dei cristiani, degli uomini e le donne che negli stessi anni hanno vissuto la loro fede nell’esistenza quotidiana. Mentre infatti venivano scritte queste migliaia di pagine uomini e donne intessevano, con la loro presenza e la loro azione, la realtà della chiesa, a volte avendo accesso a questa letteratura, ma spesso ignorandone l’esistenza. I teologi fanno il loro lavoro di ricerca teorica ma la comunità cristiana vive il vissuto della fede. Che rapporto esiste fra loro? Mentre i Padri della Chiesa ed i riformatori erano pastori del loro "gregge", per usare l’espressione tradizionale, molto spesso i teologi del Novecento erano docenti universitari o frati, hanno esercitato una indubbia influenza sulla cristianità ma difficile dire in che misura.

Leggendo il testo di Ferrario e ripensando alla vita delle nostre chiese nella seconda metà del secolo, quella di cui serbiamo il ricordo ci rendiamo conto di quanto poco le tempeste, le polemiche, le mode teologiche abbiano inciso. Sono come le tempeste sul mare, in superficie, man mano che si scende in profondità non si avvertono e si trovano invece le grandi correnti sotterranee indefinite ma irresistibili.
Questa osservazione va tenuta presente quando si racconta o si legge la storia; gli storici la raccontano con grande perizia ma utilizzando solo i testi scritti, gli unici che sopravvivono, il vissuto delle creature muore con loro. Avessimo solo le opere di Calvino sarebbe impossibile fare il ritratto dei ginevrini riformati del Cinquecento, molto più delle sue opere ci illuminano i verbali del Consistoire e del Consiglio, ed anche avvalendoci di questo ausilio non potremo mai dire cosa pensassero e come vivessero la loro fede quei cristiani.


27 giugno 2011

COURMAYEUR VALDESE - Culto Evangelico di Domenica 3 luglio 2011



C O U R M A Y E U R   VALDESE


Domenica 3 luglio 2011 iniziano i Culti al tempio valdese
di Courmayeur
I Culti alla Domenica ore 18.00 
da Domenica 3 luglio 2011 a Domenica 14 agosto 2011


COURMAYEUR - Domenica 3 luglio 2011
3a DOPO PENTECOSTE
tempio valdese Piazza Petigax, 1 - Courmayeur
Culto Evangelico di Adorazione e Lode
ore 18.00

Predicazione a cura del pastore Peter Bouman

AOSTA VALDESE - Culto Evangelico Domenica 3 luglio 2011

AOSTA - Domenica 3 luglio 2011
tempio valdese Via Croix de Ville, 11 - Aosta 3a DOPO PENTECOSTE
Culto Evangelico di Adorazione e Lode
ore 10.30

Predicazione a cura del pastore Peter Bouman