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lunedì 28 febbraio 2011

VALDESI IN VALLE D'AOSTA: UNA STORIA CHE CONTINUA


Leo Sandro Di Tommaso,
Valdesi in Valle D'Aosta
Percorsi religiosi e culturali di una minoranza religiosa
radicata nel territorio
(1848-1950, 1951-2001)

Preambolo di Ruggero Marchetti
Prefazione di Giorgio Tourn
Le Château Edizioni, Aosta, 2002

Questo volume nasce dal desiderio di rendere nota
la vicenda dei valdesi in Valle d'Aosta, rimasta ancora
per molta parte nell'ombra. Mentre il valdismo medievale
non fu presente in questo territorio, la Riforma invece vi si 
diffuse capillarmente, riuscendo a sopravvivere per più di
settant'anni.
Ma il protestantesimo ritornò in valle con l'evangelizzazione
valdese in seguito all'emanazione dell'editto albertino del 
XVII febbraio 1848, che concedeva ai valdesi i diritti civili
e politici. Quell'evento, che coincise felicemente con la 
riapertura del territorio valdostano all'apporto esterno nella 
fervida stagione del termalismo e dell'alpinismo, fece sì che
la Valle d'Aosta fosse percorsa in lungo e in largo dai colportori
che prepararono il terreno per la nascita e lo sviluppo dei tre
poli evangelici valdesi: Courmayeur e La Salle, Aosta e dintorni,
e Viéring. Tra Ottocento e Novecento la «popolazione valdese»
raggiunse il numero di 500/600 persone, cifra senza dubbio
significativa se si pensa che allora la popolazione valdostana
si aggirava sui 60.000 abitanti, ma che comunque diminuì
gradualmente per vari motivi, in particolare a causa 
dell'emigrazione. 
Le quattro parti di questo volume ripercorrono le tappe del 
cammino della comunità valdese delle origini al 2000: 
le vicende ottocentesche; la storia delle scuole valdesi; 
gli eventi e le figure del primo cinquantennio del Novecento;
infine l'ultimo cinquantennio del secolo da poco trascorso. 
Molti capitoli sono corredati di schede nell'intento di alleggerire
la materia e interessare il lettore.
Si auspica che questa minuziosa ricostruzione della microstoria
valdese renda possibile una maggiore comprensione dell'apporto
del valdismo in questo territorio soprattutto nei termini della cultura
e della libertà di pensiero.


(tratto dalla III di copertina)

venerdì 25 febbraio 2011

IL TUO CRISTO E’ GIUDEO

Il tuo Cristo è Giudeo,
la tua automobile è giapponese,
la tua pizza è italiana,
il tuo profumo è francese,
il tuo couscous è algerino,
la tua democrazia è greca,
il tuo caffè è brasiliano,
il tuo orologio è svizzero,
la tua camicia è indiana,
la tua radio è coreana,
le tue vacanze sono turche, tunisine
o marocchine,
i tuoi numeri sono arabi,
le tue lettere sono latine,
e… tu rinfacci al tuo vicino
di essere “uno straniero”!

da “Mission” 1994


citazione tratta da:
Comitato Italiano per la CEVAA,
AL DI LÀ DELLE BARRIERE,
raccolta di testi di fede,
a cura di Renato Coïsson,
stampato ma non pubblicato,
Trieste, 1995, p. 103.

giovedì 24 febbraio 2011

PREDESTINAZIONE: DOTTRINA AMARA O DOLCISSIMA?


DIALOGHI CON PAOLO RICCA



«Tenere viva nel cuore questa dolcissima predestinazione»



Sono stato battezzato nella Chiesa cattolica romana, ma da pochi mesi sono entrato a far parte, in modo ufficiale, della Chiesa evangelica valdese, di cui ho sempre condiviso in gran parte la dottrina teologica. Ultimamente, approfondendo quest’ultima, ho iniziato a nutrire una grande perplessità sul tema della doppia predestinazione. Domando: ha ancora senso parlare di questo argomento oppure lo possiamo considerare datato? Perché Dio, che è tutto Bene dovrebbe scegliere per alcuni esseri umani la salvezza (bene) e per altri la dannazione (male)? Se il genere umano è predestinato, allora siamo tutti come dei «burattini» nelle mani di Dio che è il nostro «burattinaio», e ciò rischia di portarci verso il disimpegno.
Massimiliano Bianchi – Pistoia


No, il tema non è datato, a meno di non considerare datato il tema di Dio. Ha dunque senso parlarne, anche se non è facile (Calvino dice che questo tema «sembra a molti alquanto ingarbugliato»). Ha senso parlarne perché – come ha giustamente intuito il nostro lettore – la dottrina della predestinazione ha a che fare molto da vicino con la realtà profonda di Dio, anzi ci conduce, come la dottrina della Trinità, nel cuore del suo mistero. Dice ancora Calvino: interrogarsi sulla predestinazione significa «entrare nel santuario della sapienza divina», ma per evitare che questo santuario si trasformi in «un labirinto», bisogna che la mente umana non pretenda a tutti i costi di scandagliare ogni segreto che Dio ha voluto riservare a sé soltanto. Calvino lo ricorda non per soffocare le domande, ma per avvertire che non a tutte le domande è possibile oggi dare una risposta ed è meglio una domanda senza risposta piuttosto che una domanda con una risposta sbagliata.

Ma veniamo alla domanda del nostro lettore: riguarda la «doppia predestinazione» sulla quale egli nutre «una grande perplessità». Anch’io la nutro. Mi chiedo però se partire dalla «doppia predestinazione» sia il modo migliore per avviare una riflessione sulla predestinazione. Propongo un itinerario un po’ diverso, articolato in tre tempi: che cos’è la predestinazione? Che cos’è la doppia predestinazione? Che cosa possiamo pensarne?

Un termine rischioso
1. Che cos’è la predestinazione? Il termine, benché biblico, può facilmente trarre in inganno in quanto suggerisce l’idea di un «destino» molto simile al Fato che ha dominato tanta parte del pensiero greco antico e al quale ogni esistenza umana era sottoposta, senza la possibilità di sfuggirgli o di modificarlo. Ne può nascere una concezione fatalista della storia e della vita, e da qui a pensare che, in balia di quel Fato, «siamo tutti come burattini» nelle mani di un «burattinaio» che sarebbe Dio – come teme il nostro lettore –, il passo è breve. Ecco: la prima cosa da fare per cercare di comprendere la dottrina delle predestinazione è, se possibile, liberarsi da questa visione, che ne è una caricatura. Forse la parola «predestinazione» non esprime adeguatamente il messaggio che contiene. Meglio sarebbe parlare di «elezione». La predestinazione infatti non è altro che l’elezione di cui parla l’apostolo Paolo quando dice che in Cristo Dio «ci ha eletti prima della fondazione del mondo» (Efesini 1, 4). È l’esperienza di Geremia, al quale Dio rivela: «Prima ch’io t’avessi formato nel seno di tua madre, io t’ho conosciuto» (Geremia 1,5). Ed è quello che dice l’apostolo Paolo: «Quelli che Dio ha preconosciuti, li ha pure predestinati» (Romani 8, 29). Predestinati a che cosa? «A essere conformi all’immagine del suo Figlio». Non dunque a essere dei burattini, ma a conformarci a Cristo, cioè a «camminare com’egli camminò» (I Giovanni 2, 6), a seguire il suo esempio facendo quello che ha fatto lui (Giovanni 13, 15), ad avere «lo stesso sentimento» che è stato in lui (Filippesi 2, 5), a custodire e osservare le sue parole. A tutto questo tende la predestinazione: non a trasformarci in automi o marionette, ma a farci crescere verso Cristo. Potremmo esprimerci in questi termini: predestinazione vuol dire che Gesù è il nostro destino. Ma appunto: questo «destino», che è Gesù, è «prima che Abramo fosse» (Giovanni 8, 58), è iscritto in Dio da sempre. Ecco il senso del pre-conosciuti e pre-destinati: Dio ci ha eletti, cioè ci ha pensati con amore, «prima della fondazione del mondo», cioè prima di creare il mondo e di creare noi. Un po’ come una madre ama il suo bambino prima ancora di concepirlo, così Dio ci ha amati non solo prima che noi amassimo (debolmente) lui, ma addirittura prima che noi esistessimo. Questo mi sembra un pensiero stupendo, che già riempiva di meraviglia l’autore del Salmo 139: «Nel tuo libro erano tutti scritti i giorni che m’erano destinati, quando nessuno d’essi era sorto ancora. Oh, quanto mi son preziosi i tuoi pensieri, o Dio!» (vv. 16-17). Non siamo figli del caso né della necessità, ma di un pensiero di Dio. Siamo un pensiero di Dio. Come spiegarlo? Perché Dio ci pensa? Perché ci pensa con amore e ci elegge? Non c’è altra riposta che questa: perché Dio è così, lui che «sceglie le cose che non sono come se fossero, affinché nessuna carne si glori davanti a Dio» (I Corinzi 1, 28-29). La risposta, cioè, non sta in noi, ma in lui. È questa – per citare ancora Calvino – «l’altezza della sapienza di Dio, che egli ha voluto che fosse da noi adorata più che compresa».

La doppia predestinazione
2. Ma come la mettiamo con la doppia predestinazione? Secondo questa dottrina – come ricorda il nostro lettore – Dio destina gli uni a salvezza e vita eterna, usando verso loro misericordia, e gli altri a condanna ed eterna perdizione, usando verso questi il metro della giustizia? È una dottrina proponibile e difendibile? Dio è davvero questa specie di Giano bifronte, che con una mano salva e fa vivere e con l’altra condanna e fa morire? Non c’è forse qui una contraddizione insostenibile, tale da suggerire un pensiero assurdo, per non dire blasfemo, cioè che in Dio ci sarebbe anche il suo contrario, Dio e Antidio insieme, una miscela davvero troppo umana di amore e odio, luce e tenebre, vita e morte, salvezza e perdizione? Calvino, come altri teologi prima di lui (a esempio, gli «agostiniani moderni» Gregorio da Rimini e Ugolino da Orvieto) e altri dopo di lui (a esempio il «partito» vincente al Sinodo di Dordrecht del 1618-19), hanno sostenuto, malgrado tutte le difficoltà, la dottrina della doppia predestinazione, sia pure con notevoli variazioni che qui non possiamo illustrare, anche se ne varrebbe la pena. Che dire al riguardo ? Farò due sole considerazioni.

[a] La prima è che nella Bibbia c’è, in tutta una serie di passi, qualcosa che assomiglia a una doppia predestinazione, anche se non mi sembra si possa dire che nella Bibbia ci sia una dottrina in merito. Nella Bibbia la doppia predestinazione non viene teorizzata, ma semmai constatata. Alcuni testi biblici affermano o implicano la doppia predestinazione (o qualcosa del genere), altri testi la escludono. Farò un solo esempio. Da un lato la Bibbia afferma ripetutamente che la salvezza è per tutti («Dio ha rinchiuso tutti nella disubbidienza per far misericordia a tutti» Romani 11, 32); d’altro lato ci sono parole di Gesù e di Paolo che dicono o sembrano dire il contrario: «Molti sono i chiamati e pochi gli eletti» (Matteo 22, 14); «Uno sarà preso e l’altro lasciato» (Matteo 24, 40); Dio «fa misericordia a chi vuole e indura chi vuole» (Romani 9, 18), come in antico indurò il cuore del Faraone. Dunque, la contraddizione c’è nella Bibbia stessa, è innegabile e – mi sembra – insuperabile.

[b] Può però essere superata se si segue il teologo Karl Barth che su questa questione ha scritto alcune delle sue pagine più alte, muovendo una critica radicale all’interpretazione tradizionale della dottrina della doppia predestinazione. Qual è il suo discorso? In sintesi è questo: la doppia predestinazione – il «sì» e il «no» di Dio sull’umanità: il «sì» sull’esistenza dell’umanità, il «no» sul suo peccato – esiste realmente, ma il «no» di Dio è stato inchiodato e cancellato da Cristo sulla croce. Dio stesso, attraverso Cristo, ha preso su di sé, portato e sopportato tutto il peso del suo «no», della condanna e della morte. Dopo la croce e nella luce della risurrezione, resta solo il «sì», solo la predestinazione alla salvezza e alla vita. In Cristo troviamo la nostra elezione (e, come ho detto, la nostra predestinazione), perché siamo eletti in lui, l’«eletto di Dio» (Luca 9, 35; 23, 35); e troviamo anche la cancellazione della nostra condanna, perché la nostra condanna l’ha portata lui. In Cristo la doppia predestinazione diventa un’unica predestinazione – quella alla salvezza e alla vita eterna. Che dire di questa interpretazione? Direi che essa corrisponde sicuramente al cuore del messaggio evangelico e come tale va accolta come linea di fondo di un discorso cristiano sull’argomento. Essa dissipa le ombre che la dottrina classica della doppia predestinazione poteva proiettare su Dio e libera le coscienze da ogni timore, ansia o turbamento. Ma anche qui è consigliabile non trasformare il messaggio in teorema e, ancora una volta, non rinchiudere Dio in un evangelo diventato sistema.

La posizione di Barth
3. Che dire in conclusione? Per quanto concerne la doppia predestinazione ci sono due possibilità: o sospendere il giudizio, accettare la contraddizione presente nella stessa Bibbia, senza pretendere di risolverla; oppure far propria la posizione di Barth nel senso sopra indicato – e personalmente propenderei per queste seconda ipotesi. Per quanto concerne invece la predestinazione (non quella doppia, ma quella semplice, e non tanto la dottrina, quanto il fatto), essa è biblica, cristiana ed evangelica e fa parte della nostra Confessione di fede. Per una volta la voglio citare (nell’italiano dell’epoca), dalla versione del 1662 (che riproduce sostanzialmente quella francese del 1655): «Noi crediamo che Iddio cava da quella corruttione e condannatione [del genere umano, di cui si parla nell’articolo precedente] le persone ch’egli ha elette dinanzi la fondatione del mondo, non perché egli prevedesse in loro alcuna buona dispositione alla fede o alla santità, ma per la sua misericordia in Jesu Cristo suo figliuolo…» (articolo 11). La predestinazione ha un grandissimo pregio, anzi due. Il primo è che àncora saldamente la vita, la fede, la salvezza in Dio, riconosciuto e confessato come alfa e omega, come principio e fine del nostro «destino». Questo mette nel cuore la certezza incrollabile del favore divino che non verrà mai meno, per cui la salvezza non è a rischio, per quanto avverse possano essere o diventare le circostanze della vita. Non dimentichiamo che la predestinazione è stata di immenso conforto per i protestanti perseguitati in Francia e altrove: il «sì» di Dio li ha per così dire corazzati contro il «no» di Roma e dei suoi alleati che cercavano di distruggerli. Il secondo pregio è che la predestinazione fonda quello che è stato chiamato «il trionfo della grazia», in quanto l’elezione in Dio precede assolutamente ogni merito dell’uomo, ogni sua eventuale «buona disposizione alla fede o alla santità». Potremmo dire che la predestinazione è il corollario del primato della grazia gratuita e incondizionata, cara alla Riforma, o addirittura il suo coronamento. Ecco perché Calvino – ancora lui – scrive che questa dottrina «non è soltanto utile, ma anche dolce e saporita per i frutti che reca». Gli fece eco, nel Cinquecento, il bestseller del protestantesimo italiano, Il beneficio di Cristo, contro cui si accanì per decenni l’Inquisizione romana, che a un certo punto parla della «consolazione ineffabile» che suscita nel credente «la memoria della sua predestinazione», il che lo induce a ripensare «continuamente nel suo cuore questa dolcissima predestinazione» (Benedetto da Mantova e Marcantonio Flaminio, Il beneficio di Cristo, a cura di Salvatore Caponetto, Claudiana 1975, p. 99).


Tratto dalla rubrica "Dialoghi con Paolo Ricca
del settimanale Riforma del 21 settembre 2007

mercoledì 23 febbraio 2011

ECONOMIA INTERNAZIONALE E TEOLOGIA

tratto dal sito della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (FCEI)
www.fedevangelica.it


globalizzazione ed ambiente




La Commissione Globalizzazione e ambiente della FCEI ha avviato un progetto in collaborazione con il Dipartimento di teologia dell'Unione cristiana evangelica battista d'Italia (UCEBI), per la pubblicazione di un Equomanuale. Manuale per una spiritualità della giustizia economica, che è liberamente scaricabile in formato pdf su questo sito.
Si tratta di un manuale che mira ad avvicinare le chiese alle pressanti problematiche dell'ingiusta distribuzione delle risorse nel mondo. Ogni capitolo introduce in maniera semplice i meccanismi dell'economia internazionale, li discute alla luce di alcuni temi biblici e teologici ed infine offre materiali e link per continuare a lavorare in comunità e individualmente.
Scarica la lettera di presentazione dell'Equomanuale
Scarica le diapositive di presentazione dell'Equomanuale (formato OpenOffice)
Ci scusiamo con i lettori e le lettrici per la mancata puntualità delle pubblicazioni rispetto all'originale piano editoriale. Le date di pubblicazione dei prossimi numeri saranno annunciate tramite la stampa evangelica e ovviamente sui siti che ospitano l'equomanuale.


Equoiniziativa n. 3 - Sbilanciarsi a favore della giustizia economicaOgni numero dell'Equomanuale contiene una sezione "fare qualcosa" con proposte di azioni individuali o di gruppi. Il terzo numero, redatto durante il periodo delle elezioni politiche, propone un'azione di sensibilizzazione per ricordare al nuovo governo l'impegno di destinare almeno il 0,7% reale del PIL agli aiuti per lo sviluppo internazionale.


Scarica il file con il testo della lettera: formato Word formato OpenOffice





















martedì 22 febbraio 2011

NUOVO TESTAMENTO GRECO E ITALIANO: NUOVA EDIZIONE

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Merk Agostino, Barbaglio Giuseppe (a cura di)
NUOVO TESTAMENTO GRECO E ITALIANO
Nuova edizione


EDIZIONI DEHONIANE BOLOGNA EDB


Anno:
 2010 (dicembre)
Edizione: 1
Pagine: 1800
Collana: Bibbia e testi biblici

Confezione: Cartonato
Note: Nuova edizione



Descrizione dell'opera

Il volume riproduce a fronte del greco neotestamentario di A. Merk (11a e ultima edizione del 1992) la nuova traduzione italiana della Bibbia CEI. In un apparato sottostante presenta versioni più fedeli e traduce tutte le varianti testuali greche, anche quelle puramente grafiche.
Si tratta di uno strumento indispensabile a quanti, per motivi di studio o di interesse verso le Scritture, desiderino accostare il Nuovo Testamento in lingua originale, anche aiutati dalla traduzione a fronte della CEI.

Sommario

Presentazione. Nota dell'editore. Prefazione. Nuovo Testamento.

Note sui curatori

AGOSTINO MERK (1869-1945), gesuita, stimolato dall'esempio di studiosi di inizio '900 come E. Nestle, nel 1933 portò a termine la propria edizione critica del Nuovo Testamento, che si trasformò ben presto in un classico e fu seguita da parecchie altre edizioni.
GIUSEPPE BARBAGLIO (1934-2007) presso le EDB ha diretto due collane di argomento biblico: «La Bibbia nella storia» e «Scritti delle origini cristiane» (con Romano Penna); ha curato Schede bibliche pastorali (8 voll.), e La Spiritualità del Nuovo Testamento; è autore di La Prima Lettera ai Corinzi. Introduzione, versione, commento (22005); La teologia di Paolo. Abbozzi in forma epistolare (22001); Gesù ebreo di Galilea. Indagine storica (52005); Davanti a Dio. Il cammino spirituale di Mosè, di Elia e di Gesù (22001), insieme a Piero Stefani; Canti d'amore nell'antico Israele. Traduzione poetica del Cantico dei Cantici (2004) e I Salmi: testo poetico esistenza vissuta (22008), insieme a Luigi Commissari; Il pensare dell'apostolo Paolo (22005); Gesù di Nazaret e Paolo di Tarso. Confronto storico (22007); La Parola si moltiplicava (2008), Emozioni e sentimenti di Gesù (2009), Il mondo di cui Dio non si è pentito (2010). Ha inoltre pubblicato: I Vangeli, Cittadella, Assisi 1978, di cui ha curato la traduzione e il commento insieme a Rinaldo Fabris e Bruno Maggioni; Paolo di Tarso e le origini cristiane, Cittadella, Assisi 32002; Le lettere di Paolo, 2 voll., Borla, Roma 21990; Dio violento? Lettura delle scritture ebraiche e cristiane, Cittadella, Assisi 1991; San Paolo, Lettere, 2 voll., Biblioteca Universale Rizzoli, Milano 1997, di cui ha curato introduzione e traduzione.


tratto dal sito: www.dehoniane.it

lunedì 21 febbraio 2011

LA TRIUNITA': una dottrina umana per comprendere la concezione di Dio nel messaggio di Gesù

Trinità: in che modo il Dio cristiano è uno e trino?
Trinità e politeismo
"Trinità", un concetto chiave per la comunità di fede
Il ruolo della dottrina della Trinità nella comprensione di Dio

Com'è possibile pensare la Trinità conservando un rigoroso monoteismo? Ovvero, com'è possibile pensare le tre persone divine nell'unità di Dio?
Vero e proprio cuore comune della fede di cattolici, evangelici e ortodossi, elemento imprescindibile per un'autentica comprensione del Dio cristiano, la dottrina trinitaria comporta difficoltà di comprensione tali da farne "il più profondo mistero divino".
Facendo riferimento alle testimonianze bibliche nonché alle correnti religiose e filosofiche dei primi secoli, Helmut Fischer ripercorre con grande chiarezza e competenza il processo storico e culturale di elaborazione del concetto cristiano di Dio, illustrando come si sia sviluppato, che cosa significhi e come si caratterizzi il modello concettuale della Trinità.

L'autore
Helmut Fischer è professore emerito del Seminario teologico di Friedberg/Hessen.

Il libro
Helmut Fischer
I cristiani hanno un solo Dio o tre?
La Trinità: nascita e senso di una dottrina cristiana
Piccola collana moderna 134
pp. 132
f.to cm 12 x 20


www.claudiana.it

sabato 19 febbraio 2011

LA TAVOLA VALDESE AL QUIRINALE

La Tavola Valdese al Quirinale
Intervento della pastora Maria Bonafede, moderatora della Tavola valdese
In occasione della ricorrenza del 17 febbraio 1848, quando re Carlo Alberto emanò le regie patenti che riconoscevano i diritti civili ai valdesi, e in concomitanza con le celebrazioni per i 150 anni dell'Unità d'Italia, il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha ricevuto al Quirinale la Tavola Valdese nelle persone della pastora Maria Bonafede, Moderatore e di Daniela Manfrini, vice Moderatore. 
All'incontro hanno partecipato la presidente e il vice presidente dell'Opera per le Chiese metodiste in Italia, il decano della Facoltà valdese di teologia e il presidente della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia.
Riportiamo di seguito il testo del discorso tenuto da Maria Bonafede
Signor Presidente,
Le siamo grati perché ha inteso ricevere questa delegazione all'indomani del 17 febbraio data in cui ricordiamo l’uscita dal ghetto, mentre il nostro paese celebra i 150 anni della sua unità.


Nel 2011 il 17 febbraio acquista un significato particolare che come valdesi e metodisti italiani vogliamo sottolineare: l'Italia unita è lo spazio nel quale da sempre noi valdesi e metodisti ci siamo sentiti chiamati a vivere liberamente la nostra testimonianza di fede. 
Maria Bonafede a colloquio con il Presidente della Repubblica (foto Quirinale)
Liberamente, senza costrizioni o condizionamenti come purtroppo è avvenuto per secoli. I 150 anni alle nostre spalle hanno certamente coinciso con un lungo cammino della libertà religiosa, per noi come per altre confessioni di fede. Alcuni tratti di questo cammino li abbiamo percorsi da soli, altri in compagnia di comunità religiose diverse dalla nostra – prima tra tutte quella ebraica - e di importanti spezzoni della cultura e della politica italiana. Ci permetta di ricordarne le tappe essenziali: l'emancipazione nel 1848; il consolidamento della presenza evangelica nell'età di liberale, la sofferenza negli anni delle leggi speciali e sui “culti ammessi” approvate negli anni del fascismo; le lotte per la libertà religiosa negli anni '50 quando ancora alcune denominazioni evangeliche subivano gravi vessazioni; la battaglia per le intese finalmente approvate nel 1984 e quella, ancora non conclusa, per una piena attuazione dell'articolo 8 della Costituzione e, infine, per una moderna legge sulla libertà religiosa sostitutiva delle norme fasciste del 1920 e 1930.


Le commemorazioni hanno un senso se si guarda al presente e al futuro, non al passato: ed è con lo sguardo rivolto in avanti che anche quest'anno vogliamo ricordare questo giorno che per noi ha significato una prima libertà civile dopo secoli di persecuzioni. 
Maria Bonafede a colloquio con il Presidente della Repubblica (foto Quirinale)Ma guardando in avanti vediamo una strada ancora in salita, in Italia e in troppe parti del mondo. Negli ultimi mesi abbiamo assistito a un'impressionante escalation di violenza contro alcune chiese del medio oriente e del Nord Africa, ma sappiamo bene che l'intolleranza religiosa non appartiene a una confessione soltanto ed attraversa anche il cristianesimo. E mentre alcuni popoli scendono in piazza per rivendicare la loro libertà, proprio perché condividiamo le loro speranze e sosteniamo i loro diritti, ribadiamo che ogni vera libertà civile si accompagna necessariamente a una piena libertà religiosa e di coscienza, per i credenti come per chi non crede o crede in termini non convenzionali.

In questo spirito abbiamo proposto che il 17 febbraio, quando ricorre anche il supplizio di Giordano Bruno, possa essere istituito come giornata nazionale per la libertà religiosa e di coscienza.
Il tema è di scottante attualità in varie parti del mondo, ma non è risolto neanche in Italia.
In uno dei momenti più difficili e deprimenti della vita pubblica italiana, difatti, ci preoccupa il fatto che il Parlamento non trovi il tempo per approvare sei intese che, oltre ad essere costituzionalmente dovute, offrirebbero un'immagine più realistica del pluralismo religioso che si è affermato anche in Italia. L'approvazione di un'intesa non cambia magicamente la percezione che gli italiani hanno del valore del pluralismo religioso e della laicità dello Stato ma, almeno sul piano giuridico, segna però un punto importante a favore della libertà di coscienza e di libera espressione della propria fede.

Maria Bonafede con il Presidente della Repubblica (foto Quirinale)
Allo stesso tempo ci preoccupa la difficoltà a impostare temi di grande delicatezza come quelle legati alla fine della vita o alla fecondazione medicalmente assistita. Su queste materie sulle quali il nostro Sinodo ha ampiamente riflettuto, per noi è importante salvaguardare il fondamentale principio della laicità delle istituzioni e quindi della distinzione tra le competenze dello Stato e quelle delle comunità di fede, compresa quella di maggioranza. Tropo spesso, invece, ci è sembrato di dover rilevare la disattenzione del corpo politico - non sappiamo se per calcolo o per precisa convinzione - a questo supremo principio costituzionale. Il problema ci sta a cuore come protestanti, certo, ma anche come cittadini consapevoli che solo una solida e matura laicità dello Stato può garantire la libertà di chi crede e di chi non crede.


Quelle per la libertà religiosa e la laicità non sono le nostre sole preoccupazioni. Come italiani di fede evangelica abbiamo a cuore l'Italia, e il 17 febbraio è per noi l'occasione di ribadire che il nostro paese ha un disperato bisogno di ritrovare le ragioni del suo patto civile, di ciò che unisce sud e nord, campagne e industria, centro e periferia, giovani e anziani, italiani da generazioni e "nuovi cittadini". 
Daniela Manfrini con il Presidente della Repubblica (foto Quirinale)Ha bisogno di trovare il suo progetto, il senso dell'etica pubblica che non può mai prescindere da quella privata, quel nucleo di principi che unisce tutti e tutte al di là delle giuste e necessarie contrapposizioni politiche proprie di ogni democrazia. Anche come credenti, insomma, ci sentiamo legati al destino della città terrena in cui abitiamo: certo, il nostro sguardo non si esaurisce in essa ma ci sentiamo attivamente partecipi del suo destino e delle sue sofferenze.
Confessiamo, signor Presidente, che a volte l'Italia di oggi ci appare un paese stanco, chiuso in se stesso, impaurito, incapace di pensare al futuro perché non sa come affrontare le sfide di oggi.
L' Evangelo non ci dà una soluzione a questa crisi. Ci invita però a perseverare, a gridare il nostro scandalo, ad essere sentinelle vigili, a stare dalla parte di chi soffre ed è emarginato, ad amare la libertà nostra e di tutti, a difendere i diritti della vedova, dell'orfano dello straniero, a preservare la creazione che Dio ci ha affidato. Ci invita anche ad avere fiducia.

E per questo, signor Presidente, continueremo a rendere la nostra testimonianza nella verità che abbiamo conosciuto in Cristo: una verità che ci ha liberato dalle superstizioni, dalla rassegnazione, dalla paura. E nel nostro servizio a questa verità che libera, siamo convinti di potere contribuire al bene del paese. Lo facciamo laicamente, senza chiedere alcun privilegio ma pronti a contribuire al dibattito pubblico sui temi che ci coinvolgono e ci interrogano anche come credenti.
Grazie Signor Presidente, per averci dato la possibilità di esprimere queste nostre preoccupazioni e queste nostre considerazioni.

18 febbraio 2011
Palazzo del Quirinale

tratto da: www.chiesavaldese.org
 

venerdì 18 febbraio 2011

17 FEBBRAIO: EDITORIALE DELLA MODERATORA DELLA TAVOLA VALDESE tratto dal settimanale RIFORMA

17 febbraio e unità d’Italia

Nell’anno in cui l’Italia celebra i 150 anni della sua unità, la data del 17 febbraio acquista un significato particolare che come valdesi e metodisti italiani vogliamo sottolineare: ieri come oggi l’Italia unita è lo spazio nel quale siamo chiamati a vivere liberamente la nostra testimonianza di fede. Liberamente, senza costrizioni o condizionamenti come è avvenuto per secoli. I 150 anni alle nostre spalle hanno certamente coinciso con un lungo quanto incompiuto cammino della libertà religiosa, per noi come per altre confessioni di fede. Alcuni momenti di questo lungo cammino li abbiamo vissuti da soli, altri in compagnia di comunità religiose diverse dalla nostra o di importanti spezzoni della cultura e della politica italiana: l’emancipazione nel 1848; il consolidamento della presenza evangelica nell’età liberale, la sofferenza negli anni delle leggi speciali e sui «culti ammessi» approvate negli anni del fascismo, le lotte per la libertà religiosa negli anni ‘50 quando ancora alcune denominazioni evangeliche subivano gravi vessazioni, la battaglia per le Intese arrivate nel 1984 e quella, ancora non conclusa, per una piena attuazione dell’articolo 8 della Costituzione e per una moderna legge sulla libertà religiosa.
Le commemorazioni hanno un senso se si guarda al presente e al futuro, non al passato: ed è con lo sguardo rivolto in avanti che anche quest’anno vogliamo ricordare questo giorno che per noi ha significato una prima libertà civile dopo secoli di persecuzioni. Ma guardando in avanti vediamo una strada ancora in salita, in Italia e in troppe parti del mondo. Negli ultimi mesi abbiamo assistito a un’impressionante escalation di violenza contro alcune chiese ma sappiamo bene che l’intolleranza religiosa non appartiene a una confessione soltanto e attraversa anche il cristianesimo e il protestantesimo. E mentre alcuni popoli scendono in piazza per rivendicare la loro libertà, proprio perché condividiamo le loro speranze e sosteniamo i loro diritti, ribadiamo che non può esserci vera libertà se non c’è libertà di espressione anche per le minoranze religiose, a qualsiasi confessione appartengano.
Ma lo sguardo su quello che accade dall’altra parte del Mediterraneo o in altri angoli anche più remoti del mondo non deve distrarci dalla nostra realtà italiana.
In uno dei momenti più tristi e deprimenti della vita pubblica italiana, ci preoccupa il fatto che il Parlamento non trovi il tempo per approvare sei Intese che, oltre a essere costituzionalmente dovute, offrirebbero un’immagine più realistica del pluralismo religioso che si è affermato anche in Italia. Gli ortodossi sono oltre 800.000, i testimoni di Geova oltre 400.000, induisti e buddhisti all’incirca 200.000, i mormoni e gli apostolici alcune decine di migliaia: l’approvazione di un’Intesa non cambia magicamente la percezione che gli italiani hanno del valore del pluralismo religioso e della laicità dello Stato; almeno sul piano giuridico segna però un punto importante a favore della libertà di coscienza e di libera espressione della propria fede.
Ma quella per la libertà religiosa non è la nostra unica preoccupazione. Come italiani di fede evangelica abbiamo a cuore l’Italia, e il XVII Febbraio è per noi l’occasione di ribadire che il nostro paese ha un disperato bisogno di ritrovare le ragioni del suo patto civile, di ciò che unisce Sud e Nord, campagne e industria, centro e periferia, giovani e anziani, italiani da generazioni e «nuovi cittadini». Ha bisogno di trovare il suo progetto, un suo standard etico sia nel privato sia nel pubblico, un nucleo di principi che unisca, al di là delle giuste e necessarie contrapposizioni politiche proprie di ogni democrazia. Come credenti, insomma, non siamo affatto indifferenti al destino della città terrena in cui abitiamo: certo, il nostro sguardo non si esaurisce in essa ma ci sentiamo attivamente partecipi del suo destino e delle sue sofferenze. A volte l’Italia di oggi ci appare un paese stanco, cinico, lacerato, incattivito, incapace di pensare al futuro remoto perché non sa come affrontare il futuro più prossimo, l’Evangelo non ci dà una soluzione a questa crisi. Ci invita però a perseverare, a dichiarare il nostro scandalo, a essere sentinelle vigili, a stare dalla parte di chi soffre ed è emarginato, ad amare la libertà nostra e di tutti, a difendere i diritti della vedova, dell’orfano dello straniero, a preservare la creazione che Dio ci ha affidato. Ci invita anche ad avere fiducia.
Questo diremo il 17 febbraio, come cittadini e cittadine evangelici e come italiani.

Maria Bonafede


tratto dal settimanale RIFORMA
18 febbraio 2011 - Anno XIX - NUMERO 7

www.riforma.it

mercoledì 16 febbraio 2011

AOSTA: UNA FESTA VALDESE PER TUTTI



CHIESA EVANGELICA VALDESE DI AOSTA

Celebrazione 
del XVII febbraio                  
a 163 anni  
dall'Editto di Emancipazione
(1848 -2011)
Sabato 19 febbraio 2011
presso il Tempio Valdese di Via Croce di Città, 11
Programma
-    ore 18.00  Commemorazione e interventi di:
-    Maurizio Abbà.  Pastore della Chiesa  Evangelica Valdese.
-    Leo Sandro Di Tommaso. Esperto di storia dei Valdesi.
-    Andrea Desandré. Esperto di storia del Risorgimento.


-    ore 19.15 : rinfresco

-      ore 20,30 : trasferimento a Tor de Pot (Verrayes) e accensione  del Falò tradizionale.


Ingresso libero

FESTA VALDESE FESTA PER TUTTI

Aosta, 17 febbraio 2011
Agli organi d’informazione



Comunicato stampa

La Consulta Valdostana per la Laicità delle Istituzioni ricorda la data odierna come “Giornata nazionale della libertà di coscienza, di religione e di pensiero”.

Il 17 febbraio del 1848, infatti, furono concessi ai Valdesi i diritti civili e politici, poi riconosciuti anche agli Ebrei e che un secolo dopo la Costituzione della Repubblica ha sancito la pari dignità e l’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, “senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
Questa stessa data, inoltre, ricorda uno dei  simboli della libertà di coscienza e del libero pensiero. Infatti il 17 febbraio 1600, a Campo dei Fiori, a Roma, dopo un processo farsa, messo in scena dall’Inquisizione cattolica, veniva arso vivo, come eretico, il filosofo  Giordano Bruno.

Anche il consiglio comunale di Aosta ha unanimemente approvato, nell’ottobre scorso,  un ordine del giorno a favore dell’istituzione della data del 17 febbraio come “Giornata nazionale della libertà di coscienza, di religione e di pensiero”. Rimaniamo in attesa che il Parlamento riconosca ufficialmente il valore di questa data.

Con questo spirito la Consulta Valdostana per la Laicità delle Istituzioni parteciperà alla commemorazione organizzata dalla Chiesa Evangelica Valdese prevista per il prossimo Sabato 19 febbraio alle ore 18.00 presso il Tempio Valdese di Aosta  e al Falò di “Tor de Pot” a Verrayes.


Alla Consulta Valdostana per la Laicità delle Istituzioni aderiscono:
Arci, Arci Gay, Associazione Radicale Valdostana “Loris Fortuna”, Chiesa Cristiana Evangelica Valdese, Chiesa Cristiana Avventista del 7° Giorno, Unione Atei Agnostici Razionalisti, Personalità del mondo Ebraico Valdostano, diversi  Cittadini a titolo individuale.


martedì 15 febbraio 2011

EVANGELICI E DIFFUSIONE DELLA BIBBIA NELL'ITALIA UNITA

Protestanti di rilievo dal Risorgimento a oggi
Il Risorgimento e l’Unità d’Italia come occasione di libera circolazione della Bibbia
Le prime opportunità di una scelta religiosa libera e personale
I nuovi valdesi, Liberi, Fratelli, metodisti, battisti, luterani, avventisti, pentecostali...

Gli eventi del Risorgimento e l’Unità conseguita nel 1861 consentirono la libera circolazione della Bibbia e l’estensione di una certa libertà religiosa in tutta la penisola, rendendo giuridicamente possibile anche in Italia una scelta di fede libera e personale.
In questo volume, i curatori propongono una raccolta di profili di italiani - di condizioni sociali, culturali e lavorative molto diverse - che tra Ottocento e Novecento abbracciarono liberamente e consapevolmente la fede evangelica entrando a far parte delle chiese protestanti: valdesi, liberi, fratelli, metodisti, battisti, luterani, avventisti, pentecostali...
In un’Italia sempre più multiculturale, i loro percorsi di vita si rivelano di grande attualità.


Il libro
Scelte di fede e di libertà
Profili evangelici nell’Italia unita
a cura di Dora Bognandi e Mario Cignoni
Collana della Federazione delle chiese evangeliche in Italia - Settimana della libertà, n. 12
pp. 224 + 16 pp di illustrazioni fuori testo
f.to cm 14,5 x 21

www.claudiana.it