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venerdì 29 aprile 2011

Ancora sullo «sbattezzo», tra cristiani

DIALOGHI CON PAOLO RICCA

Ancora sullo «sbattezzo», tra cristiani
Malgrado questi importanti punti di accordo, resta tra le chiese battiste e quelle pedobattiste una divergenza di fondo, dovuta a un diverso modo di concepire e quindi di praticare il battesimo; esse danno risposte diverse alla domanda: Che cos’è il battesimo?


Credo che l’annullamento del battesimo, se annullamento si può chiamare, possa avvenire solo se il battesimo sia stato impartito in maniera impositiva o ingannevole: una cosa che credo possa difficilmente avvenire al giorno d’oggi, mentre sicuramente poteva avvenire, ed è successo, nel passato e mi vengono in mente degli esempi: la nonna cattolica che fa battezzare il nipotino all’insaputa, e contro la volontà dei genitori protestanti, o atei; o il famoso episodio ottocentesco del bambino ebreo Mortara, il cui battesimo assolutamente irregolare era stato considerato valido. Ma prescindendo da queste eccezioni, invece, che senso ha chiedere di annullare il battesimo da parte di una persona che non gli riconosce alcun valore? Anzi, proprio questa richiesta ne ribadisce l’importanza: chi si preoccuperebbe di annullare un gesto insignificante?
Roberta Colonna Romano – Venezia Mestre


La lettera sulla «sbattezzo», pubblicata su Riforma del 28 gennaio, scorso conteneva un paragrafo che, per ragioni di spazio, non ho potuto pubblicare. Lo faccio però adesso, perché il tema dello «sbattezzo» – e quello collegato del battesimo – merita di essere ripreso, dato che, come già s’è accennato la volta scorsa, riguarda da vicino anche le nostre chiese. Questo stesso giornale è il settimanale di tre gruppi di chiese che, sulla questione battesimale, hanno dottrine e prassi diverse. Ora, la nostra lettrice, nel brano pubblicato sopra, evoca i battesimi fraudolenti che furono praticati in passato (forse occasionalmente lo sono ancora oggi, in ambienti particolarmente bigotti) e ricorda il tristissimo e scandaloso caso Mortara accaduto nell’Ottocento: un bambino ebreo fu battezzato o fatto battezzare cattolico di nascosto da una donna di servizio, che così pensava di «salvarlo»; la Chiesa cattolica, con il papa Pio IX in testa, ha poi letteralmente sequestrato questo bambino considerandolo, in quanto battezzato, sua proprietà; lo ha quindi sottratto ai genitori con un atto di inaudita violenza, con l’argomento che il bambino, ormai battezzato cattolico, doveva essere educato nella religione cattolica, e questo i genitori ebrei non erano ovviamente in grado di farlo. Quello del papa fu un atto di pura barbarie religiosa, un vero delitto morale e spirituale. La nostra lettrice ritiene che, in questo caso e in altri analoghi, la persona battezzata da bambino possa legittimamente, da grande, «sbattezzarsi», cioè dichiarare nullo il battesimo ricevuto in quel modo fraudolento, avvenuto contro il volere dei genitori e della comunità di appartenenza.

Ci sono però altre forme di «sbattezzo» (se così lo vogliamo chiamare) che ci riguardano da vicino e che meritano attenzione. Di una in particolare ci vogliamo ora occupare: quella di chi, battezzato da bambino, dopo aver fatto un percorso di fede, desidera concluderlo con un battesimo non più amministrato a sua insaputa e senza la sua volontà (come è quello ricevuto da bambino), ma con un battesimo scelto consapevolmente e accompagnato da una personale confessione di fede. Questo cristiano, allora, per così dire «si sbattezza», cioè dichiara nullo il battesimo ricevuto da bambino e chiede di essere battezzato come credente consapevole, confessando la fede. Per lui si tratta del primo battesimo, dato che considera quello ricevuto da bambino un non-battesimo. Ma per la Chiesa che lo ha battezzato e che considera valido il battesimo di un bambino, quel battesimo da adulto credente è visto come un secondo battesimo, e questo, dal suo punto di vista, contraddice l’unicità dell’evento del battesimo che tutte le chiese professano. È a questo punto che gli animi e le chiese si dividono.

Come è noto, sulla questione battesimale, le chiese si dividono oggi in due categorie: quelle dette «pedobattiste», che praticano abitualmente, anche se non esclusivamente, il battesimo dei bambini, e quelle battiste, avventiste, dei Fratelli, pentecostali e altre ancora, che praticano esclusivamente il battesimo dei credenti, e considerano quello dei bambini un battesimo mancato, un battesimo che non c’è, e quindi non riconoscono come battezzati tutti coloro che lo sono stati da bambini (cioè la grande maggioranza dei cristiani, almeno di nome). Questo crea tra le chiese una divisione abbastanza seria, che esiste da quasi cinque secoli e che finora nessuno è riuscito a superare. Questa divisione esiste anche all’interno del piccolo mondo evangelico italiano, nel senso che le chiese valdesi, metodiste e luterane praticano, oltre che il battesimo dei credenti, anche il battesimo dei bambini, mentre le chiese battiste, avventiste, dei Fratelli, pentecostali e altre ancora praticano esclusivamente il battesimo dei credenti e non riconoscono come battezzati coloro che lo sono stati da bambini, siano essi cattolici, ortodossi o evangelici. Eppure sia le chiese di tradizione battista sia quelle di tradizione pedobattista concordano, a proposito del battesimo, su diversi punti importanti.


[1] Tutte sono d’accordo nel ritenere che il battesimo è un «segno». Qualche chiesa parlerà di «segno efficace», ma pur sempre di «segno». Così lo definisce anche il Bem ( = Battesimo, Eucaristia, Ministero), importante documento ecumenico del 1982. Non è l’acqua che purifica, o che diventa acqua santa, dotata di poteri divini, come quello di cancellare il peccato(1). Tutte le chiese evangeliche sono d’accordo nel separare il battesimo in qualunque forma dalla questione del «peccato originale», che invece, secondo la dottrina cattolica, come si è appena detto, è cancellato dal battesimo.


[2] Tutte le chiese sono d’accordo nel ritenere che il battesimo si compone di due parti, una umana compiuta dalla Chiesa (il battesimo d’acqua) e una divina compiuta da Dio (il battesimo di Spirito). Il battesimo cristiano è infatti «d’acqua e di Spirito». Nel libro degli Atti degli apostoli, che riflette l’esperienza della Chiesa dei primi decenni, ci sono racconti di battesimi in cui il battesimo d’acqua precede quello dello Spirito (Atti 8, 14-17), altri in cui il battesimo di Spirito precede quello d’acqua (Atti 10, 47-48), altri in cui i due battesimi sembrano coincidere (Atti 8, 38-39). Comunque, ci sono sempre entrambi.


[3] Tutte le chiese sono d’accordo nel ritenere che il battesimo è un evento unico nella vita cristiana. Mentre la Cena del Signore viene celebrata spesso, all’origine – sembra – ogni volta che la Chiesa si riuniva per il culto, il battesimo non viene ripetuto. In quanto segno della nuova nascita, può accadere una sola volta: come la nascita, così anche la nuova nascita è un evento unico. Siccome però le chiese di tradizione battista considerano il battesimo dei bambini un battesimo non avvenuto, ecco che esse battezzano anche persone battezzate da bambini che per loro non sono battezzate, ma per le chiese che le hanno battezzate, lo sono.


[4] Tutte le chiese, infine, sono d’accordo nell’affermare che alla base di ogni battesimo c’è una iniziativa di Dio: è Lui che «chiama per nome» (Isaia 43, 1), è Lui che cambia i cuori di pietra in cuori di carne (Ezechiele 36, 26), a Lui e a Lui solo spetta il primato in ogni cosa. Questo dato fondamentale si esprime, tra l’altro, nel fatto che, qualunque sia l’interpretazione che si dà del battesimo, quest’ultimo è sempre amministrato dalla Chiesa, attraverso una persona che la rappresenta. Nessuno può battezzarsi da sé.

Malgrado questi importanti punti di accordo, resta tra le chiese battiste e quelle pedobattiste una divergenza di fondo, dovuta a un diverso modo di concepire e quindi di praticare il battesimo; esse danno risposte diverse alla domanda: Che cos’è il battesimo?
Qual è la risposta delle chiese pedobattiste? A grandi linee è questa: il battesimo è il segno del «Sì» che Dio ha pronunciato su ogni essere umano nella morte e risurrezione di Gesù. Infatti «siamo stati battezzati nella sua morte» (Romani 6, 3), nell’anno 30 della nostra era, sul Golgotha. Il battesimo d’acqua è segno e annuncio di quel battesimo, che vale per tutti e per sempre. La fede non è costitutiva del battesimo. Non sei battezzato perché credi, ma perché Cristo è morto per te. Battezzare un bambino significa porre su di lui il segno che Cristo è morto e risorto anche per lui. Lutero definisce lapidariamente il battesimo come «Parola nell’acqua»: questa Parola è il «Sì» della grazia e della promessa di Dio.

Qual è la risposta delle diverse chiese «battiste» sopra menzionate? A grandi linee è questa: fermo restando, anche nel battesimo, il primato dell’iniziativa di Dio, il battesimo presuppone la conversione dell’uomo, è il segno del «Sì» dell’uomo al «Sì» di Dio. La Confessione di fede dei battisti italiani, del 1990, afferma che il battesimo «è il primo atto di obbedienza del cristiano» (art. 9). Quindi prima diventi cristiano, poi sei battezzato. Senza la fede del battezzato non c’è battesimo, che è possibile solo quando c’è, da parte del battezzato, la confessione personale della fede.

Queste due diverse risposte alla domanda: «Che cos’è il battesimo?» possono coesistere o devono per forza escludersi, come accade tuttora? A mio giudizio potrebbero, anzi dovrebbero, coesistere come due forme possibili del battesimo cristiano, ciascuna delle quali mette in luce un aspetto fondamentale del battesimo stesso e della vita cristiana. Perché questo possa accadere è indispensabile, come primo passo, che ciascuna, senza rinunciare a se stessa, faccia lo sforzo di riconoscere le motivazioni evangeliche dell’altra.

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(1) Qui la dottrina cattolica del battesimo è diversa. Il Catechismo della Chiesa cattolica, del 1992, afferma che «per mezzo del battesimo tutti i peccati sono rimessi, il peccato originale e tutti i peccati personali, come pure tutte le pene del peccato» (n. 1263). Questa dottrina è tradizionale nel cattolicesimo romano moderno; la sua prima formulazione a livello conciliare risale al Concilio di Firenze del 1439.


Tratto dalla rubrica Dialoghi con Paolo Ricca del settimanale Riforma dell'11 febbraio 2011

si veda anche www.chiesavaldese.org

in questo blog si veda:
aostavaldese.blogspot.com
nei Dialoghi con Paolo Ricca
la lettera su: lo «sbattezzo» ha senso?
lunedì 7 marzo 2011